Il diritto di manifestare in Francia, da quando è stato istituito lo stato d’emergenza per gli attentati terroristici, non è sempre tutelato. Amnesty international, in un rapporto reso pubblico in queste ore, ha denunciato “il ripetuto abuso dei poteri delle istituzioni per reprimere proteste pacifiche”. “L’utilizzo”, ha spiegato a Libération il ricercatore di Amnesty Marco Perolini, “non corrisponde ai motivi per i quali lo stato d’emergenza è stato istituito, ovvero impedire gli attentati, ma aderisce a una nozione più ampia di mantenimento dell’ordine pubblico. Queste misure d’emergenza sono utilizzate in modo abusivo, senza legame con lo scopo annunciato dalle autorità”.

Lo stato d’emergenza, introdotto il giorno dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre 2015, è stato rinnovato cinque volte finendo per normalizzare una serie di misure tra cui il divieto di svolgere manifestazioni e l’impedimento a singole persone di prender parte alle proteste. Il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che chiederà al Parlamento di estendere per la sesta volta la misura. Il nuovo rapporto ‘Un diritto, non una minaccia: restrizioni sproporzionate delle manifestazioni sulla base dello stato d’emergenza’ afferma che in nome della lotta al terrorismo il governo francese ha adottato centinaia di misure ingiustificate allo scopo di limitare la libertà di movimento e il diritto di manifestazione pacifica. L’organizzazione ha realizzato 62 interviste con 82 interlocutori (da attivisti a giornalisti e sindacalisti) e per la prima volta ha mandato osservatori nei cortei. “Con la scusa dello stato d’emergenza è stato rimosso il diritto di manifestare e a centinaia di attivisti, ambientalisti e sindacalisti è stato ingiustificatamente impedito di prendere parte alle proteste”, ha aggiunto Perolini.

Tra novembre 2015 e il 5 maggio 2017 le autorità hanno fatto ricorso ai poteri d’emergenza per vietare 155 manifestazioni, riferisce Amnesty. In decine di altre occasioni, sono state applicate le leggi ordinarie. Nello stesso periodo sono stati presi 639 provvedimenti per impedire a singole persone di partecipare a manifestazioni: 574 di essi hanno riguardato proteste contro la riforma del lavoro. Secondo fonti di stampa, decine di misure analoghe sono state adottate per impedire la partecipazione a manifestazioni dopo il secondo turno elettorale del 7 maggio. Queste limitazioni violano il principio del diritto internazionale secondo il quale una manifestazione dovrebbe essere considerata pacifica a meno che le autorità non siano in grado di dimostrare il contrario, afferma l’organizzazione, e le manifestazioni vengono viste come una potenziale minaccia anziché un diritto fondamentale.

Sfidando le limitazioni, molti continuano comunque a manifestare. Nei loro confronti le forze di sicurezza ricorrono spesso a una forza eccessiva o non necessaria: manganelli, proiettili di gomma e gas lacrimogeni sono stati usati contro manifestanti pacifici che non sembrava stessero minacciando l’ordine pubblico. Anche se alcuni dei partecipanti alle manifestazioni hanno preso parte ad azioni violente, centinaia se non migliaia di manifestanti hanno subito le conseguenze dell’operato delle forze di sicurezza. I Medici di strada, un movimento informale di prestatori dei primi soccorsi, stima che solo a Parigi un migliaio di manifestanti siano stati feriti dagli agenti di polizia durante le proteste contro la riforma del lavoro.

“Limitando drasticamente il diritto di manifestazione pacifica, lo stato d’emergenza ha dato luogo a un clamoroso abuso di misure eccezionali adottate per combattere il terrorismo. Persone che esercitavano il loro diritto di manifestare sono finite dentro la rete anti-terrorismo”, ha sottolineato Perolini. “Alla vigilia delle elezioni, Macron si era impegnato a proteggere il diritto di manifestazione. Ora che è presidente, deve passare all’azione. Poiché Macron e i sindacati sono su fronti opposti sul tema della riforma del lavoro, il presidente deve interrompere l’abuso dei poteri anti-terrorismo per limitare le proteste pacifiche e porre fine alla pericolosa e vertiginosa spirale verso uno stato d’emergenza permanente”.

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