“La legalità è servizio pubblico: maratona Rai con Fazio, Pif e Saviano” titola oggi il Messaggero. Una maratona sì, ma di fatti raccontati mille volte in questi 25 anni, fatti che sappiamo a memoria. Alcuni addirittura patetici come l’intervista di Pif al barbiere di Paolo Borsellino, con in primo piano la poltrona dove era seduto quando apprese della strage di Capaci. Fatti, accuratamente montati come in una fiction interpretata da attori come Montalbano, alias Luca Zingaretti, che seduto alla scrivania (originale, ci spiega Fabio Fazio) recita le profetiche e accorate parole pronunciate da Borsellino la sera del 25 giugno ’92 durante il dibattito organizzato da Micromega nel cortile di Casa Professa, dentro la Biblioteca comunale di Palermo.

Sulla verità mancata, depistata, occultata: silenzio. Altri fatti sono trasformati in monologo da Roberto Saviano che, pro domo sua, non sfiora mai uno degli interrogativi che gridano vendetta e si guarda bene dal dedicare un pensiero a chi, come il dottor Nino Di Matteo, oggi, per lo stesso “spirito di servizio” che animò Falcone e Borsellino, è costretto, come lo erano loro, a vivere blindato, ad essere isolato dalle istituzioni. Per non infastidire i “manovratori”, si è preferito ripercorrere le privazioni della libertà personale, l’isolamento, la delegittimazione, gli ostacoli imposti dal Csm subiti dai giudici uccisi evitando di raccontare quelli di chi li subisce oggi, ed è vivo. A Saviano che su Twitter ha tenuto a precisare “Parteciperò gratuitamente”, ci sarebbe da chiedere: “Quindi, come alibi non avevi neppure il ricatto del compenso”.

Abbiamo dovuto attendere Fiammetta, la figlia del giudice, e Rita Borsellino, la sorella, per ascoltare quello che tutti pretendiamo: verità, tutta la verità. E ci sono volute le parole esplosive del Presidente del Senato, Piero Grasso, per vedere l’imbarazzo stampato sul viso di Fabio Fazio che lo ha interrotto con il rituale del “grazie, grazie a tutti voi, Capaci ci aspetta”. “Ho avuto il privilegio di sentire un collaboratore che ha messo in discussione sentenze definitive, oggi ci vorrebbe qualche altro collaboratore che sia interno alla mafia o di Stato” ha detto Piero Grasso ripetendo: “Interno alla mafia o esterno alla mafia, questo perché sappiamo dalle indagini, da quello che abbiamo accertato, che ci sono state presenze esterne. Chi c’era e perché c’era? Qualcuno sa e cercheremo di scoprirlo”. Dalla bocca del conduttore non è uscita la domanda obbligata: “Presidente, cosa vuol dire, a cosa a chi sta pensando? Ci spieghi”. Eppure a dire che la svolta sarebbe la collaborazione di uno o più uomini dello Stato non era stato un passante ma la seconda carica dello Stato, appunto. Ex giudice a latere del maxiprocesso, ex procuratore capo di Palermo, ed ex Procuratore nazionale antimafia. Ma la “maratona Rai della legalità” non lo prevedeva con buona pace del servizio pubblico.

Un’altra occasione mancata per il raggiungimento di quella pace che, come spiegava Agnese Borsellino al Fatto Quotidiano nell’intervista del 2009, “non può esserci in un Paese popolato ancora da ricattatori e ricattati”.

Ps. Mentre sto scrivendo, apprendo che la Digos di Palermo nel pomeriggio aveva censurato lo striscione degli studenti del liceo classico Garibaldi perché “offensivo”. C’era scritto: “Non siete Stato voi perché siete stati voi”. Aspettarsi che Fazio, Saviano o Pif ci informassero di questa scandalosa notizia sarebbe stato davvero troppo.

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