di Andrea Terzi

Produrre le monetine da 1 e 2 centesimi costa più del valore facciale. Si pensa perciò di eliminarle. E in attesa di una decisione europea, l’Italia propone la sospensione della loro circolazione. Perché la novità deve essere spiegata bene ai cittadini.

Una montagna di centesimi

Nei pochi esercizi commerciali che per ora lo consentono pago il caffè col mio smartphone, grazie a un’app. È solo un esempio di come la tecnologia stia modificando gli strumenti di pagamento. A cambiare non è la moneta. È il modo di trasferirla dal nostro conto corrente a quello del commerciante. Un tempo si faceva con la carta degli assegni. Ora col telefono. E per i fornitori di pagamenti digitali si è aperto un mercato molto attraente, dove è essenziale conquistare in breve tempo quanti più esercenti possibile.

In attesa che la tecnologia si diffonda, il nostro borsellino si riempie di monete e monetine. Alcune decisamente superflue, come quelle da 1 e da 2 centesimi. Le prendiamo di resto, ci appesantiscono le tasche, finiscono in un barattolo, nel fondo delle poltrone o le perdiamo per strada e non circolano più. Così, per poter dare i resti, gli esercizi commerciali si devono rifornire un’altra volta di monetine nuove di zecca.
Dal 2002 ne sono stati prodotti 50 miliardi di pezzi, malgrado alcuni paesi abbiano già cessato di produrle o le abbiano consegnate alla numismatica, come la Finlandia, realizzandole solo per i collezionisti.

La produzione di monetine potrebbe anche essere un (pur piccolo) affare per il bilancio delle amministrazioni degli stati membri sotto le vigenti regole sul debito pubblico. Le monete metalliche dell’euro sono infatti emesse dal Tesoro di ciascun paese membro e non dalle banche centrali nazionali. Il Tesoro sostiene i costi di produzione, consegna le monete alla propria banca centrale per la distribuzione alle banche, e la banca centrale accredita sul conto del Tesoro il valore facciale delle monete. Se il valore facciale è maggiore dei costi, il Tesoro si trova in cassa una somma che può spendere senza indebitarsi. Anche per questo, spetta alla Banca centrale europea approvare, di anno in anno, le richieste di ciascun paese membro, che devono essere opportunamente giustificate da previsioni attendibili sulla domanda di monete metalliche da parte del pubblico.

Oggi, però, produrre le monetine da 1 e 2 centesimi costa più del valore facciale, quello che con un’espressione antiquata si chiama “diritto di signoraggio” è diventato negativo e il Tesoro si indebita per produrle. Date le regole vigenti sul debito pubblico, cessarne la produzione può far comodo.

Se ne è accorta la Commissione europea che sta esaminando due scenari per l’estinzione: a) il ritiro in un breve arco temporale con messa fuori corso; b) la fine del conio e una scomparsa naturale dalla circolazione (come accadde con le monete da 5 e 10 lire). Il terzo scenario (continuare a produrle ma a costi minori) è decisamente il peggiore. Perché il problema non è il “signoraggio”, ma lo spreco di risorse private per gestire monetine che pochi vogliono, molti detestano e comunque non circolano.

Eliminazione in un solo paese

Della questione si è occupato anche il nostro parlamento, ancorché a un livello decisionale più basso, visto che il singolo paese non ha il potere di dichiararle fuori corso. Noi ci possiamo solo limitare a non produrne più. È quanto dice l’emendamento alla cosiddetta “manovra bis” proposto da Sergio Boccadutri e altri: “A far data dal 1mo gennaio 2018 è sospeso il conio delle monete da 1 e 2 centesimi. Il risparmio derivante dagli effetti della norma è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottarsi entro il 1° settembre 2017, si stabiliscono le modalità attraverso cui i pagamenti effettuati in contanti sono arrotondati nel periodo di sospensione”.

Poco comprensibile è il passaggio dove si dice che il risparmio è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato: non è chiaro come si possa destinare a un fondo costi che semplicemente non saranno sopportati. Sarà invece importante chiarire i criteri a cui i commercianti e i loro clienti si dovranno attenere, per evitare che le persone meno informate si trovino spiazzate dalla novità e si sentano defraudate quando l’arrotondamento è all’insù, anche tenendo conto che la consuetudine delle persone con le monete più piccole non è la stessa in tutte le regioni. Le nuove modalità dovrebbero prevedere che i prezzi si pagano al centesimo con gli strumenti di pagamento (dunque, nessun effetto sui prezzi) ma, se si paga in contante, il totale dovuto all’esercente si arrotonda allo 0 o al 5 più vicino.

La questione di una campagna di informazione può sembrare una preoccupazione eccessiva, ma quando capita di vedere passare in Rai in prime time un’intervista raccolta per strada, senza commenti, in cui un passante piuttosto distratto afferma che con l’introduzione dell’euro la sua spesa di carburante di 30000 lire diventò dal giorno alla notte di 3 euro, non è forse da sottovalutare la necessità di non ripetere gli errori commessi nel 2002. Spiegando anche che in assenza di una decisione europea le monetine continueranno ad avere corso legale e non potranno comunque essere rifiutate.

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