Aveva uno stile unico nell’affrontare le curve in derapata, segno distintivo di un pilota simbolo di un modo tutto americano di intendere le corse. Nicky Hayden era il Kentucky Kid, il ragazzo venuto dagli States per conquistare la MotoGp. Ci riuscì solo nel 2006, quando fu in grado di interrompere l’egemonia di Valentino Rossi e vincere il suo unico titolo mondiale. Ma in realtà è diventato presto uno dei piloti più amati da tifosi e colleghi che ora piangono la sua morte dopo l’incidente in bici lungo la provinciale Riccione-Tavoleto del 17 maggio scorso.
Nato nel 1981 a Owensboro, Hayden eredita dal padre la passione per le due ruote. Nelle serie motociclistiche americane diventa presto una star. Ed è in questi anni a cavallo del nuovo millennio che, correndo sulle piste ovali in terra battuta del ‘flat track’, sviluppa quella sensibilità nell’utilizzo del freno posteriore che lo porterà poi a disegnare traiettorie impensabili anche nei circuiti di MotoGp.
Nella classe regina arriva nel 2003: viene scelto dalla Honda per affiancare il nuovo campione, Rossi. I due trovano subito feeling, uniti da quel modo scanzonato di intendere le corse. Mentre Valentino continua a macinare successi, Hayden però fatica a essere tanto vincente quanto spettacolare. Bisognerà aspettare solo qualche anno. Nel 2006 Rossi è già passato da due stagioni in Yamaha, ma continua a vincere. Adesso però è arrivata l’ora del Kentucky Kid: con 9 podi nelle prime 11 gare, due vittorie ad Assen e Laguna Seca, fa il vuoto in classifica. Valentino non ci sta, recupera, ma con il terzo posto all’ultima gara a Valencia Hayden vince il mondiale.
Sarà l’apice della sua carriera: dopo aver dimostrato che il “Dottore” non è invincibile, non riesce più a ripetersi. Nel 2009 passa in Ducati, dove resta quattro anni e per due trova ancora Rossi come compagno di squadra. Nel 2016 decide di correre in Superbike: nel mondiale delle derivate si riscopre veloce e al primo anno vince una gara in Malesia, salendo in tutto quattro volte sul podio. In questa stagione correva con la Honda World Superbike Team: l’ultima gara il 14 maggio nel Motul Italian Round a Imola.
Nella sua ultima stagione in MotoGp Hayden era stato nominato MotoGp Legend. Non tanto, o meglio non solo per quel mondiale vinto nel 2006 – comunque resta l’ultimo pilota statunitense a esserci riuscito – ma quanto per quello che Hayden ha rappresentato nel nuovo millennio. Le tre vittorie in 218 gran premi non basterebbe altrimenti per spiegare la passione che i tifosi avevano per lui. Unica bandiera del mondo delle moto a stelle strisce insieme a Colin Edwards, Hayden nel paddock era amico di tutti. I tifosi impazzivano per il suo modo di correre, per quel suo stile da cowboy e ovviamente per quelle derapate.
E’ stato uno dei pochi a riuscire ad andare d’accordo con Valentino Rossi come compagno di squadra. “Il Dottore” qualche giorno fa, dopo la notizia dell’incidente, di lui ha scritto: “Nicky è uno dei migliori amici che ho avuto nel paddock. Veniva spesso al Ranch, dove era sempre uno spettacolo vederlo e cercare di carpire qualche segreto battagliandoci insieme. Il più bel ricordo che ho di lui però è quando è venuto a darmi la mano dopo la sfortunata gara di Valencia 2015, durante il giro d’onore. Per lui era l’addio alla MotoGp, io avevo appena perso il mondiale. Il suo sguardo di supporto dentro il casco è uno dei pochi ricordi positivi che ho di quel giorno”.
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