Il Tg5 si ferma di fronte al silenzio dell’azienda sulle voci riguardanti il trasferimento degli studi da Roma a Milano. Il telegiornale di punta delle reti Mediaset non andrà in onda il 26 maggio e, annuncia la rappresentanza sindacale dei giornalisti (comitato di redazione), si tratta solo del primo di tre giorni di sciopero approvato dall’assemblea dei giornalisti. Dopo le smentite arrivate a febbraio, la parziale marcia indietro dei manager durante un incontro avvenuto a marzo e la lettera inviata lo scorso 11 maggio ai vertici dell’azienda, la redazione punta i piedi. Perché a dieci giorni di distanza non sono arrivate risposte e l’ipotesi che non vi sia più nulla da smentire, ovvero che ai piani alti di Cologno si stia lavorando al progetto, si irrobustisce. Ecco, quindi, la necessità di fermarsi con “un’azione forte e senza precedenti nella storia del Tg5”. Mai prima d’ora, infatti, in 25 anni di storia, la redazione aveva deciso di scioperare per questioni aziendali.

Sono diverse le ragioni che spingono i giornalisti del Biscione a non condividere l’eventuale piano di Mediaset. L’ipotesi del trasloco da Roma a Milano comporterebbe a loro avviso “un ridimensionamento del ruolo” del telegiornale, oltre a un “grave rischio di omologazione e appiattimento dell’offerta giornalistica, nella prospettiva di una redazione unica, che tradirebbe la necessaria ricchezza di voci e pluralismo”. Lo spostamento in Lombardia, funzionale nell’ottica del rigido piano finanziario al 2020, porterebbe anche un “ridimensionamento del ruolo di Mediaset nella capitale d’Italia” e, secondo il cdr, si tratta di “una scelta incomprensibile” poiché il Biscione “lavora in regime di concessione pubblica” e basa il proprio successo su “una forte presenza” sia a Roma che a Milano.

L’eventuale abbandono della Capitale, di cui ilfattoquotidiano.it aveva parlato già a metà febbraio, si inserisce nella scia di quanto avvenuto a Sky Tg24 che da novembre trasmetterà dagli studi di Santa Giulia, a Milano. I fantasmi del processo di trasferimento a tappe forzate della pay-tv di Rupert Murdoch tornano ora negli uffici del Palatino, dove viene confezionato il Tg5. Spegnere le telecamere a Roma per riaccendere a Cologno, innescherebbe “disagi per centinaia di dipendenti, giornalisti, impiegati, tecnici e operai”, accusa il Comitato di redazione, rischiando “di trasformarsi per molti nella perdita del posto di lavoro” poiché lo spostamento – aveva anticipato il cdr al Fatto.it – potrebbe far risultare “sovrabbondante il personale nel centro del Palatino”.

Viene agitato anche lo spettro di una crisi che avrebbe impatto sull’intera città, dall’indotto che ruota attorno a Mediaset fino a un crescente impoverimento culturale che rischia di trasformare Roma “da viva capitale europea a museo a cielo aperto, sempre più agonizzante tra emergenze e abbandono”. Stop quindi all’informazione per 24 ore, il prossimo 26 maggio, con appena tre finestre informative garantite – alle 8, 13 e 20 –  della durata di cinque minuti. E, giurano, se dovesse continuare il silenzio dell’azienda, sono pronti a scioperare ancora.

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