La polemica si era accesa nei giorni scorsi, con il veto di Alternativa Popolare ai due giornalisti di Gazebo, che volevano partecipare alla conferenza stampa del partito di Alfano sulla legge elettorale. Ingresso negato con successivo botta e risposta innescato tra Rai3 e il movimento politico. Ma ora il ministro degli Esteri si spinge oltre l’episodio della scorsa settimana e in un comunicato annuncia “di avere dato mandato ai propri legali per denunciare autori e conduttori di Gazebo in sede civile e in sede penale”. Nel mirino finisce l’ultima puntata della trasmissione insieme agli “ultimi tre anni” di messa in onda del programma. “Ieri, con i soldi degli italiani – due milioni e mezzo di euro per il 2017!!! – si è consumata la consueta diffamazione“, si legge nella nota stampa che fa riferimento alla puntata del 19 maggio, che ha chiuso la stagione.

“Quel che è più grave – si legge ancora – è che essa è stata perpetrata da parte del servizio pubblico“. Un annuncio che Diego Bianchi, conduttore del programma, commenta su Twitter con una sola parola: “Pervicacia”. Solidarietà al programma da parte di Roberto Saviano che su Facebook scrive: “Se penso alle enormità commesse da Alfano a spese dei contribuenti in questi anni – dal caso Shalabayeva, al rimpatrio-blitz dei 48 poveri sudanesi fino allo squallore del mantenimento a spese di Poste Italiane di suo fratello – dovremmo essere noi a chiedere i danni. Solidarietà agli amici di Gazebo”. Interviene sul caso anche Roberto Fico, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai e capogruppo M5s alla Camera. “Denuncia Alfano è grave atto intimidatorio contro sacrosanta satira. Tutta la nostra solidarietà a redazione Gazebo”.

Alla denuncia, si legge nella nota, “Alfano allegherà i riferimenti diffamatori a lui rivolti durante gli ultimi tre anni di puntate televisive di Gazebo, per dimostrare ciò che sarà facile dimostrare: non si è trattato di un singolo atto diffamatorio – che sarebbe stato comunque grave – ma di una intera campagna diffamatoria durata anni a spese del contribuente e con una pervicacia diffamatoria che rende plateale il dolo, l’intenzionalità, la tenace volontà di creare un danno alla persona e all’area politica che rappresenta”. Il comunicato di Alternativa popolare prosegue aggiungendo che “il punto è reso ancor più grave dall’enorme sproporzione che vi è, all’interno del servizio pubblico, tra lo spazio dedicato alla diffamazione da questa trasmissione e lo spazio dedicato alla informazione, in altre trasmissioni Rai, sulla medesima area politica e sulla stessa persona che la rappresenta. Infine, è stata la stessa Rai 3, pochi giorni fa, a sottolineare che tale trasmissione è un mix tra informazione e satira, con questa frase contenuta nella nota che era stata diffusa e che riportiamo qui fedelmente: ‘… programma caratterizzato dal mix di satira e informazione che ne definiscono l’identità…'”.

Per il partito di Alfano, dunque, “se è già stato ampiamente superato il confine della satira traducendosi in diffamazione, a maggior ragione tutto ciò nulla ha avuto a che fare con l’informazione”. La diffamazione, conclude, “non può che essersi svolta con la azione o la dolosa e persistente omissione di una intera catena di comando che, dalla rete sino ai vertici massimi, ha consentito questi abusi. Anche costoro, nei limiti del legalmente consentito, saranno, da Alfano, chiamati a rispondere sia nel giudizio civile che nel giudizio penale. Alfano fa presente, infine, di essere giunto a questa amara determinazione dopo tre anni di paziente sopportazione di questo scempio che ha fatto il servizio pubblico, nella speranza che vi fosse un operoso ravvedimento nella diffamazione“.

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