Forse quasi più di un comizio a piazza piena o di un tour in giro per l’Italia, Beppe Grillo ama la marcia per il Reddito di cittadinanza. Perché a conquistarlo ogni volta è il rito: i suoi parlamentari che sfilano con gli abiti civili, i militanti in fila lungo il cammino pacifista e i giornalisti costretti a inseguire sotto il sole (o quest’anno forse la pioggia). I grillini, quando mancano pochi mesi alle elezioni e mentre per loro è già iniziata la campagna elettorale, replicano l’evento che per primo volle Gianroberto Casaleggio: un corteo di 19 km, lungo il percorso caro al movimento per la Pace tra Perugia e Assisi, in nome di uno dei temi più cari ai 5 stelle. Poco importa che l’11 giugno ci sia in programma il primo turno delle amministrative e che siano coinvolte alcune città chiave per il Movimento (vedi Genova, Parma e Palermo): il M5s sa che la partita è difficilissima e quindi concentra tutte le energie sulla sfida nazionale. Poi sarà quel che deve essere. Una prima coincidenza fortunata l’hanno avuta: in contemporanea alla marcia, a Milano, il sindaco Beppe Sala organizza la manifestazione per i migranti e i grillini sono riusciti senza fatica ad avere una buona scusa per non esporsi su un tema così delicato per i consensi. “Il reddito di cittadinanza è la fiamma della dignità”, ha scritto Grillo sul blog con toni a dir poco solenni. Mai come ora saranno importanti le facce di chi c’è e chi non c’è all’evento in Umbria: ci sarà Davide Casaleggio ad esempio, ormai stabilmente a fianco del leader. Ci sarà Virginia Raggi, la sindaca di Roma. Ci saranno gli aspiranti candidati leader: sicuramente Luigi Di Maio e Roberto Fico, ancora in forse Alessandro Di Battista. Non da ultimo gli attivisti: si conteranno, per vedere chi ancora ha la forza e la voglia di girare l’Italia per sposare e sostenere una causa. E sono i più importanti: perché la riuscita di una campagna di chi vive di banchetti e Meetup dipende, che piaccia o no, dalla base.

La marcia capita due anni dopo la prima edizione, quattro dopo l’ingresso in Parlamento e alla vigilia (anche se relativamente lontana) dell’appuntamento più difficile: le elezioni nazionali. Che la prossima legge elettorale li sfavorisca o meno, i 5 stelle non hanno in mente altro che il governo. Proprio come ha insegnato loro il cofondatore del Movimento Gianroberto, puntano tutto sui pochi risultati concreti che hanno in mano. Uno di questi è il reddito di cittadinanza: ovvero una delle prime proposte di legge presentate in Parlamento, uno dei temi economici che sono riusciti (anche solo per inerzia degli avversari) a imporre nel dibattito politico in questi mesi e una bandiera capace di attirare consensi. Per Grillo, quello che rivendica sempre di aver voluto far nascere il Movimento nel giorno di San Francesco, è una delle carte vincenti: pensare agli ultimi, lavorare perché nella società non resti nessuno indietro. E piace, lo sanno bene i suoi, da sinistra al centro ovvero verso quel mondo cattolico che tanto li osserva con approvazione quanto spesso ne è spaventato. Certo non manca chi, specie al Nord, nutre molti dubbi sulla realizzabilità del progetto o semplicemente sulla capacità di attirare voti: che ne pensa il Nord produttivo di una misura considerata assistenzialista? Ma, nelle discussioni interne lo ripetono sempre, se l’ha difesa Gianroberto Casaleggio “c’è solo da fidarsi”. Questo hanno in testa. “Noi ci dobbiamo distinguere: gli altri parlano di legge elettorale, inchieste e intercettazioni. Noi pensiamo alle famiglie povere, a chi non ha un lavoro e non sa come arrivare a fine mese. Noi parliamo della gente”, è il ragionamento che fanno, sempre uguale, ai piani più o meno alti del Movimento.

Nella pratica, la proposta dei 5 stelle prevede un reddito minimo garantito (e quindi non un reddito di cittadinanza per tutti) destinato a chi vive al di sotto della soglia di povertà. I detrattori dubitano che la misura possa mai essere applicata, i 5 stelle ribadiscono che le risorse (15 miliardi il primo anno e 2 miliardi per riformare i Centri per l’impiego) ci sono e che andrebbero recuperate da tassazione (sul gioco d’azzardo ad esempio) o dal taglio dei costi della politica. La platea interessata sono i maggiori di 18 anni, disoccupati o inoccupati, i quali possono aspirare ad ottenere un reddito minimo di 600 euro mensili. Per mantenere il contributo è necessario garantire la partecipazione a un percorso di formazione e accettare uno dei primi tre lavori che saranno offerti. I 5 stelle hanno iniziato sperimentazioni simili in alcune città dove governano: Livorno, Pomezia, Castelfidardo e Ragusa. Lo chiamano Reddito di cittadinanza locale e prevede 500 euro al mese per sei mesi ad un numero limitato di famiglie che varia a seconda dei fondi annuali. In Italia però l’idea non è monopolio solo dei 5 stelle: il governo, ad esempio, ci ha provato a intervenire nei mesi scorsi introducendo un reddito di inclusione (485 euro al mese) per chi ha un tetto Isee di 3mila euro. Il problema è che, oltre al fatto che mancano ancora i decreti attuativi, sono stati stanziati solo 2 miliardi per il 2017 che coprono a malapena 1\3 delle famiglie italiane sotto la soglia di povertà. Ma non c’è solo il governo. Tra le Regioni che hanno introdotto misure simili: la Puglia del democratico Michele Emiliano che ha istituito il reddito di dignità a 600 euro al mese per 12 mesi; l’Emilia Romagna, sempre amministrata dal Pd, dove invece si chiama reddito di solidarietà e prevede 400 euro al mese per un anno.

La battaglia dei 5 stelle ha avuto particolare risalto nel dibattito pubblico negli ultimi mesi. Il ritardo per il nostro Paese è sotto gli occhi di tutti: dal 1992 l’Ue auspica che la misura sia introdotta in tutti gli Stati membri e, guarda caso, mancano all’appello solo Italia e Grecia. Diversa invece è la questione per il reddito di cittadinanza universale, ovvero quello che riguarda tutti e quindi compresi anche coloro che già hanno un lavoro. I 5 stelle spesso citano l’estero come un modello da seguire, ma l’estensione di un salario mensile senza condizioni sembra davvero uno scenario difficile da realizzare per l’Italia. Almeno per il momento. Una delle ultime sperimentazioni è quella della Finlandia: da gennaio 2017 2mila disoccupati, estratti a sorte tra i 25 e i 58 anni, hanno iniziato a percepire 560 euro al mese per due anni. Un altro esempio è quello della Francia, dove è stato uno dei temi più importanti dell’ultima campagna elettorale: il candidato socialista Benoit Hamon ha proposto di dare 750 euro ai francesi che abbiano almeno 18 anni, ma è stato molto criticato sulla possibilità di trovare effettivamente le risorse. Che sia realizzabile o meno resta un dibattito molto lontano dai fatti per l’Italia e i 5 stelle lo sanno bene: “E’ importante anche solo parlarne”, dicono loro. E intanto Grillo sul blog cerca di caricare i suoi pescando metafore dall’immaginario mitico: “Il Movimento 5 stelle che porta il Reddito di cittadinanza agli italiani è come Prometeo che porta il fuoco agli umani”. Il piano è ambizioso, ma prima di tutto bisogna vincere le elezioni.

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