Ford accompagnerà all’uscita 1.400 dipendenti operativi negli stabilimenti di Nord America e Asia Pacifico attraverso l’adesione volontaria ai programmi di esodo e prepensionamento. L’ha annunciato il gruppo mercoledì, dopo che martedì il Wall Street Journal aveva ventilato il rischio di tagli molto più consistenti, fino a 20mila. Il comunicato aziendale spiega che la scelta “accelera il suo percorso nella direzione della maggiore efficienza“.

Gli esuberi sono pari al 10% di un bacino del gruppo pari a 15mila dipendenti. I tagli non riguarderanno la divisione Ford Credit, né Ford Europa che, si spiega in una nota, “ha già attivamente posto in essere azioni determinate al miglioramento delle performance in termini di efficienza”, per cui “non sarà coinvolta nel programma di riorganizzazione”. Circa due terzi degli esuberi saranno in Nord America, il restante terzo in Asia.

“Continuiamo a restare focalizzati sulla nostra strategia di crescita, sintetizzabile in 3 punti: continuare a investire nei punti di forza del nostro core business, rendere profittevoli le attività meno performanti e crescere nelle emergenti opportunità di business legate alle nuove soluzioni di mobilità”, ha commentato il presidente e amministratore delegato Mark Fields.

Nel 2016, Ford ha tagliato centinaia di posti di lavoro di colletti bianchi in Europa per ridurre i costi di 200 milioni di dollari annui. Le azioni di Ford sono crollate di quasi il 40% da quando Mark Fields ha assunto l’incarico di amministratore delegato. La casa automobilistica ha dichiarato a gennaio, dopo l’elezione di Donald Trump, che non costruirà uno stabilimento precedentemente pianificato in Messico per creare invece 700 nuovi posti di lavoro in Michigan. 

 

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