Martedì aveva sfoderato una cauta ironia. Ventiquattro ore dopo, Matteo Orfini riapre il suo arsenale dialettico e rispolvera l’artiglieria: “Credo sia un errore parlare di gogna mediatica – dice il presidente del Pd in un’intervista all’Huffington Post, commentando l’intercettazione della telefonata di Matteo Renzi con il padre Tiziano pubblicata il 16 maggio dal Fatto Quotidiano – perché qui c’è qualcosa di più profondo dell’aggressione al Pd e al suo segretario. Qui c’è qualcosa che riguarda il funzionamento della democrazia italiana e che dovrebbe allarmare tutti quanti. Un attacco alla democrazia“, affonda l’ex Giovane Turco, aggiungendo che “l’unico obiettivo è colpire il principale partito del Paese”.

Qualche riga dopo Orfini avalla, quindi, la tesi del complotto ricordando un’intervista rilasciata allo stesso sito il 3 marzo: “Stanno provando a liquidare il Pd”, diceva allora l’ex dalemiano diventato renziano. A cosa si riferiva? Pochi giorni prima Michele Emiliano, in quel periodo avversario di Renzi alle primarie, aveva destato scandalo in ambienti dem mostrando a Marco Lillo alcuni sms in cui Luca Lotti invitava il governatore della Puglia a incontrare l’imprenditore Carlo Russo, indagato nell’inchiesta Consip.

“Vi siete messi a parlare come i berlusconiani“, fa notare l’intervistatore a Orfini. Rilevo che poco dopo la pubblicazione dell’intervista arriva da un ex membro del Partito Democratico: “La storia che abbiamo vissuto e pensavamo fosse chiusa, di chi denunciava accanimento delle procure e attacchi alla democrazia, sembra tornare nelle dichiarazioni di Orfini su Consip”- sottolinea Roberto Speranza, esponente di Mdp – il Pd ormai usa gli stessi argomenti che usava Berlusconi qualche anno fa: c’è una strana convergenza tra le affermazioni di autorevoli esponenti Pd e quelle che un tempo faceva Berlusconi”.

Speranza ha ragione. “Questa non è vera democrazia – attaccava il 16 giugno 2010 l’allora leader del Popolo delle Libertà all’Assemblea di Confcommercio, in uno dei suoi numerosi interventi contro le intercettazioni – non c’è la tutela della libertà di parola”. In Italia ”siamo tutti spiati, ci sono 150mila telefoni sotto controllo” e questo è ”intollerabile”. Lo stesso concetto espresso due anni prima: “E’ chiaro che questa non è democrazia – spiegava il 19 dicembre 2008 collegato via telefono a una festa di Forza Italia – in democrazia il bene maggiore è la privacy e la riservatezza”. Il 2 ottobre 2009, poi, tornava ad argomentare: “In una democrazia il primo diritto è quello della privatezza e della inviolabilità delle conversazioni e corrispondenza – spiegava alla Festa della Libertà di Benevento – in Italia questo diritto non è tutelato e posso dire anzi che è quasi calpestato, le intercettazioni sono una patologia tutta italiana“.

Nella polemica interviene, e a gamba tesa, anche Giorgio Napolitano. Evocando il bavaglio: “Tutti adesso gridano contro l’abuso delle intercettazioni e l’abuso della pubblicazione – sottolinea l’ex presidente della Repubblica – un’ipocrisia paurosa perché è una questione aperta da anni e anni con sollecitazioni frequenti e molto forti da parte delle alte istituzioni. Io personalmente ho messo il dito in questa piaga e non c’è mai stata una manifestazione di volontà politica per concordare provvedimenti che avessero messo termine a questa insopportabile violazione della libertà dei cittadini, dello stato di diritto e degli equilibri istituzionali”. Come a dire: vi avevo caldamente consigliato di intervenire quando ero capo dello Stato, ma non lo avete fatto.

Ma nell’intervista di Orfini spicca anche un altro passaggio: “Non c’è nulla di nuovo in quello che sta accadendo – commenta il presidente del Partito Democratico parlando delle intercettazioni pubblicate da Lillo – è il vizio di origine di un sistema dell’informazione che non ha editori puri“. Peccato che il discorso valga per la stragrande maggioranza del panorama mediatico italiano ma non per il Fatto Quotidiano che, avendo alle spalle un editore puro e non un potentato economico o politico, può permettersi di pubblicare le notizie senza che nessuno glielo impedisca.

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