Le cicale, il documentario di Emiliano Mancuso e Federico Romano, presentato venerdì sera alle Officine Fotografiche di Milano, è un viaggio nel precariato degli anziani, in quella mutazione, negletta dalle tv private (giovaniliste per vocazione commerciale) e dalla tv di Stato (giovanilista perché insegue le private) che oggi vede i “vecchi” costretti ad affrontare le difficoltà dei giovani.

Girato nel corso di due anni, il film racconta la vita di quattro persone, già andate in pensione o in procinto di andarci, “per capire – dicono gli autori – se nel nostro futuro avremo ancora diritto alla protezione dello stato sociale in quell’età in cui si dovrebbero raccogliere i frutti di una vita e non lottare per la sopravvivenza o per non perdere la casa”.

Le cicale, come Il diario di felix, il primo docufilm di Mancuso, è un raro esempio di “antropologia con la videocamera”. I quattro protagonisti – tre fra i 70 e gli 80 anni e un quarto “disoccupato in età avanzata”, cioè oltre i 50 – sono stati filmati per la prima volta otto anni fa, in un palazzo di Roma investito da un’ondata di sfratti che avevano deliberatamente colpito gli inquilini più anziani. Negli ultimi due anni gli autori sono tornati a raccontarli immergendosi completamente nelle loro vite, al punto da diventare invisibili, da raggiungere un’intimità “domestica” con ognuno di loro.

C’è Marco che balla scatenato (e più solo che mai) in una specie di circolo Arci o che va dormire in canotta dopo una giornata di lavori in nero. Poi seguiamo Pino in un alloggio così piccolo che è costretto a scolare la pasta in bagno, dentro un secchio. Luciana canta inni religiosi sino alle lacrime in un gruppo di credenti e poi s’incazza col gatto che non collabora al trasloco e non vuol saltare nel trolley per mici sfrattati. E vediamo Mario, ex attore, che prima di emigrare recitò persino con la Magnani, mentre tira pugni a un pungiball e alla malasorte.

Nella vita di tutti, gli oggetti acquistano una rilevanza che ricorda la scrittura di Robbe Grillet: sia quelli che devono raccogliere prima dello sfratto dentro sacchi di plastica, sia quelli che li assediano nelle “sistemazioni” più o meno provvisorie a cui approdano. Luciana si chiede a chi regalare il frigo mentre la lavatrice di Pino, ad esempio, “occupa” rombando tutto il suo monolocale, già trapanato dalle urla dei bambini dei condomini. Tutti si affidano alla telecamera senza posare e senza “proteggersi”.

Quando Pino si toglie la dentiera davanti allo specchio è difficile non confrontare la sua storia e quella di altri sette milioni di pensionati che vivono con meno di 1.000 euro al mese, con gli slogan della politica, da quelli dei Renzi sull’ “uscita dalla crisi” a quelli di Berlusconi che l’ha negata per anni e prometteva “Dentiere gratis per tutti!”.

Due immagini lasciano una traccia indelebile: una foto di Che Guevara che scende le scale trasportato insieme ad altri oggetti del trasloco e il trapano che alla fine imbullona la bara di Mario.

Di solito i media parlano degli anziani solo in due modi:
1) quando dimostrano di essere “ancora giovani” scalando montagne, correndo maratone o scopando schiere di minorenni perché, essendo vip, sono ringiovaniti dal video;
2) quando si prestano al dileggio danzando come Veline pur essendo ormai Velone.

Le cicale racconta senza sconti la fragilità economica dell’età più fragile e gli schermi tv che occhieggiano nelle stanze degli intervistati spalancano gli spazi siderali che separano la realtà dalla tv, soprattutto la tv pubblica, che avrebbe e mezzi e, forse l’obbligo, di raccontarla. Per poter finire e montare il film è stata lanciata una campagna di crowdfunding sulla piattaforma “Produzioni dal basso” che resterà online fino al 16 giugno.

Le cicale – teaser from Zona on Vimeo.

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