Ci risiamo. Ennesima domanda per pretendere il riconoscimento di un diritto di mia figlia Diletta, milionesimo foglio compilato dal compimento dei suoi 18 anni di età. Questa volta tocca al bando dell’Inps Home care premium 2017, i contributi per l’assistenza domiciliare a persone con disabilità riservati a lavoratori e pensionati pubblici.

Realizzo che avere un dialogo con l’Inps somiglia ad un colloquio con gli abitanti della Luna. Il contact center, unica voce amica, in realtà legge gli stessi dati che da soli si possono visionare sul sito accedendo con il proprio pin. Eh sì, perché senza accedere con il pin la domanda per l’home care premium non si può fare, quindi il povero cittadino è destinato a perdere ore e serenità nella folle ricerca della registrazione per il rilascio del pin. E non voglio annoiare ricordando che si può fare tutto con lo Spid, negato ai disabili che non firmano e senza che nessuno sia ancora intervenuto.

Negli ultimi mesi in veste di care giver di mia figlia ho fatto gli straordinari, fino a crollare con un infarto a ridosso delle festività pasquali. Care giver sì, ma ancora umana! Nessuno può riuscire a stare per 18 anni in posizione di attenti per 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. Tantissime belle parole di circostanza ma i fatti portano tutti il segno meno.

Dopo la maggiore età le terapie richiedono documentazioni trimestrali. Si dà per scontato che il disabile, divenuto maggiorenne tutelato o amministrato, e affetto da una paralisi cerebrale infantile, possa guarire ogni trimestre e quindi… altre carte. Ma ci lamentiamo, abbiamo ancora un pulmino per andare a scuola. Seppure sia leggermente discriminante un mezzo adibito al trasporto disabili come fossero cavalli, meglio essere ottimisti. Peccato che se esiste un motivo qualsiasi per cui a scuola si entri dopo l’orario previsto o si esca prima, il servizio non ci sia perché l’assicurazione non lo copre. Ho provato a leggere la polizza ma non sono riuscita ad accedere. La realtà è che se ieri dovevo fare il birillo presso la sede Inps, oggi non posso lavorare perché devo fungere da pulmino. Nel frattempo organizzo controlli e visite mediche, Glh e svaghi, ricette e impegnative. Tendo un occhio alla programmazione estiva mentre tutti mi dicono che devo assolutamente riposare. Chissà se dirlo li fa sentire più buoni e sereni?

Ma possiamo avere l’Home Care Premium! E questa è la mezza buona notizia: l’Inps concede un contributo ai congiunti dei dipendenti pubblici. Esiste un fondo per alimentare il quale ogni pubblico dipendente paga una piccola somma mensile. In realtà a me è parso che questa cifra la paghino i contribuenti in forma indiretta ma è solo una mia personale idea. Non apprezzo molto la discriminazione di fatto tra figli o congiunti di dipendenti pubblici e figliastri di autonomi, artigiani, dipendenti privati, disoccupati eccetera. Un contributo così esclude molte famiglie ben più bisognose.

Provo ad informarmi e mi dipingono questa erogazione come una sorta di Totogol. Mi decido e invio la domanda che in prima istanza viene rigettata senza motivazioni, tramite una mail senza firma né riferimenti. Poi mi arriva una successiva indicazione che mi informa che ho diritto di chiedere il riesame. Volo verso il call center dell’Inps che non sa dirmi niente: ore di nastro di attesa, decine di mail, ma niente… poi un’attenta lettura di quanto avevo già letto da sola. Scrivo a tutti gli indirizzi comunicando che denuncerò ogni singolo responsabile che non avrà ottemperato a quanto di diritto. Ma siamo in Paese dove ormai tutti sanno che l’art. 0 della Costituzione prevede impunità totale per categorie privilegiate.

Fortunatamente il mio ottimismo permane e, come di consueto, vi darò conto di quanto accadrà in seguito. Mi chiedo solo perché l’Inps che non sa rispondere al telefono si faccia grande utilizzando un nome inglese: non sarebbe stato più opportuno un titolo banalmente italiano e magari accompagnato da un servizio reale ed efficiente? Dimenticavo: non siamo sulla Luna!

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