Tra i tanti passaggi illuminanti de L’arte della guerra, nella sede di Suning a Nanchino, devono aver tratto ispirazione da uno dei più controversi, quello in cui la strategia è descritta come la via del paradosso: chi è abile, sosteneva il generale Sun Tzu, si mostri maldestro. I tifosi dell’Inter hanno osservato sconsolati diverse mosse discutibili della proprietà nel corso della loro vita, ma è difficile ricordarne una tanto goffa quanto l’esonero dell’allenatore mentre la Juventus festeggiava la seconda finale di Champions in tre anni. E al di là della topica nella tempistica dell’annuncio, un grande punto interrogativo aleggia sulla scelta stessa di allontanare Stefano Pioli a tre giornate dal termine del campionato.

L’Europa League può ancora essere raggiunta grazie all’incedere altrettanto zoppicante del Milan, ma comunque vada a finire la corsa al sesto posto, la stagione dell’Inter è fallimentare. Se per i cugini quella del rilancio dovrebbe essere la prossima, i nerazzurri erano chiamati a ripartire in questi mesi. Invece a metà maggio, sembra d’essere fermi ad agosto quando tutto è iniziato. Con la medesima maldestra strategia, quello che portò alla separazione da Roberto Mancini. Un addio tardivo, visto che il rapporto tra la società e il tecnico era logoro da tempo. Invece la squadra era stata costruita seguendo le sue indicazioni, la preparazione si era svolta ai suoi ordini: un’agonia dannosa, sfociata nella firma in fretta e furia di Frank de Boer.

L’allenatore olandese si è ritrovato tra le mani un gruppo figlio di scelte di mercato fatte in funzione di un altro sistema di gioco, con una manciata di giorni per spiegare le proprie idee prima dell’esordio in campionato. E zero tempo per immergersi nel modo molto latino di vivere il calcio in Italia. I risultati della seconda scelta maldestra dettata dalla Cina sono stati palesi a tutti in poco più di due mesi. Eccezion fatta per le tre vittorie consecutive a settembre, la sua Inter è stata un disastro in Serie A e in Europa League: 5 vittorie, 2 pareggi, 7 sconfitte e divorzio.

Dopo il breve interregno di Stefano Vecchi, chiamato allora come oggi a mollare la Primavera per guidare nel buio la prima squadra, ecco Stefano Pioli per un ‘triplete’ di allenatori in meno di quattro mesi. Roba da fare invidia a Maurizio Zamparini, il più fumantino dei presidenti. Nel mezzo, un altro caso di scuola di omessa gestione: la biografia di Mauro Icardi finita sugli scaffali delle librerie con un paio di passaggi che qualsiasi società attenta avrebbe sottolineato almeno con la matita blu prima di dare il ‘visto, si stampi’. Una strappo tra club e capitano rammendato alla meno peggio dopo la reazione scomposta dei tifosi.

Pioli, quindi: “Dovevano prenderlo ad agosto”, è il mantra che accompagna il suo arrivo: allenatore solido, esperto, poco incline ad esperimenti tattici. Sembra l’ideale, insomma. A parte lo scivolone con il Be’er Sheva, l’avvio dell’ex tecnico della Lazio è effettivamente quello atteso: con sette vittorie consecutive, l’Inter risale fino al quarto posto. Vede la Champions, senza la zavorra accumulata nei primi due mesi di campionato avrebbe un passo da scudetto. Poi il k.o. in Coppa Italia con la Lazio e la sconfitta contro la Juventus fanno ritornare i fantasmi e dimostrano la fragilità dei nerazzurri nelle partite dal peso specifico elevato. La dimostrazione lampante arriva contro la Roma, sliding door della stagione alla quale Pioli approccia con cambiamenti tattici inspiegabili che mandano in tilt i suoi uomini.

Da lì in poi, un crollo verticale – a parte i 12 gol rifilati a Cagliari e Atalanta – culminato nella rimonta subita dal Milan. La miseria di due punti nelle ultime sette giornate, condita dall’imbarcata di Firenze e dalle non-prestazioni contro Genova e Napoli, ha segnato il suo destino. Poteva essere scritto a fine stagione, ma Zhang Jindong ha deciso di accelerare. La mossa priva di stile è stata presa nel momento peggiore, a tre giornate dal termine, quando ormai le chance sono ridotte al lumicino e comunicata mentre la Juve staccava il pass per la finale di Champions.

Una fotografia plastica della distanza siderale che in questo momento c’è tra le due società, nonostante i segnali di forza economica lanciati da Suning a gennaio con l’acquisto di Gagliardini, cercato proprio dai bianconeri. Ignorando forse che un proverbio orientale recita “con i soldi puoi comprare un medico ma non la salute”, i cinesi si sono presentati con quattro allenatori in una stagione. Adesso hanno scelto Walter Sabatini per mettere ordine in società e si dice che continuino a corteggiare Antonio Conte e Diego Pablo Simeone: i guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra mentre i guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere, sentenziava Sun Tzu. Al momento Zhang Jindong è un guerriero maldestro al tappeto.

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