Il governo Gentiloni non ha in agenda alcun incontro per un dialogo sull’approdo del gasdotto Tap. E nel Salento, per questo, c’è un oncologo che rischia di morire, all’undicesimo giorno di sciopero della fame e della sete. Che ha deciso di interrompere solo perché 94 sindaci no Tap, di fronte al silenzio di Palazzo Chigi, hanno deciso di andare a Roma giovedì portandolo con loro. È il direttore scientifico della Lega Tumori di Lecce, Giuseppe Serravezza, figura chiave delle battaglie ambientali e sanitarie nella provincia del Tacco. Il suo è l’estremo tentativo per chiedere alla politica di parlarsi, di ascoltare le istanze dei sindaci salentini e della popolazione che si batte contro la realizzazione dell’opera a Melendugno.

“Qui c’è un uomo che sta rischiando la vita per dare voce a un territorio intero che vuole decidere il proprio futuro”, dice la famiglia del medico in un appello rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al premier Paolo Gentiloni. Che, però, stando a fonti regionali, è stato tranchant: al momento non è previsto alcun incontro con Serravezza è, in sintesi, la risposta data dal presidente del Consiglio al governatore pugliese Michele Emiliano, che lo ha incontrato a margine dell’assemblea nazionale Pd.

Una doccia fredda, che nel Salento rischia di scatenare la rivolta. Il medico, infatti, non ha intenzione di fermarsi, ma intanto l’irreversibile si avvicina: ha già perso dodici chili, è costretto a letto e fatica a parlare, la sua funzionalità renale è alterata, quella muscolare compromessa. A parte quelle di semplici cittadini e dei sindaci, poche le altre voci a fare rumore. A mancare all’appello è anche quella della Lilt nazionale.

“’È troppo tardi’, ha ribadito chi rappresenta questo territorio nell’attuale governo (la viceministra Teresa Bellanova, ndr). Preferite tapparvi le orecchie. Ne prendiamo atto – dicono i figli Flavia e Antonio e la moglie Enza -. Ne risponderete alla vostra coscienza. Noi vi chiediamo col cuore in mano di mettere da parte i vostri veleni, le beghe politiche, i risentimenti personali. Quando un cittadino chiede ascolto, quando 94 sindaci chiedono ascolto e un intero territorio alza la voce, voi politici avete il dovere di chinare il capo e ascoltare. Ignorare il grido di dolore di questa terra non vi porterà lontano”.

Giovedì pomeriggio, Michele Emiliano si è recato personalmente a casa di Serravezza. Il giorno dopo, ha scritto a Palazzo Chigi per chiedere un incontro urgente su Tap con le comunità locali.
La chiusura, al momento, è ermetica. Ma i 94 sindaci si sono mobilitati e insieme a lui saranno giovedì a Roma. Il nodo è anche, ma non solo, quello delle emissioni che comporterà il terminale di ricezione del gas, da installare su 12 ettari a Melendugno. “In specifiche situazioni di funzionamento diverse dallo standard, che sarebbero la rarissima eccezione e non la regola – ha replicato Tap Italia – sarà possibile una produzione di CO2 paragonabile a quelle di un condominio di medie dimensioni e di residui da combustione di metano decine, quando non centinaia di volte inferiori ai limiti previsti dalla legge”.

Per Lilt, invece, è comunque un aggravio delle condizioni di vita delle popolazioni, come denunciato tempo fa in un esposto in Procura. La viceministra allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, nel frattempo, ha chiesto alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, di far svolgere all’Istituto superiore di sanità una valutazione degli eventuali rischi. Ma sulla base di quali dati? Arpa Puglia, nell’aprile 2014, diede un parere negativo in sede di conferenza dei servizi per il rilascio della Valutazione d’impatto ambientale, rimarcando il fatto che lo studio di Tap è risultato carente proprio nell’analisi degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico riconducibile agli inquinanti Pm10, Monossido di carbonio, ossido e Biossido di Azoto emessi sia nella fase del cantiere che in quella di esercizio. E ribadendo, inoltre, l’assenza di una valutazione dell’impatto sanitario.

Il problema vero, su cui insiste Lilt, è questo: l’aggiunta di una ulteriore pressione ambientale in una provincia che in appena 25 anni ha letteralmente bruciato il gap del 23 per cento rispetto al nord in termini di neoplasie, con un’abnorme mortalità per tumore del polmone maschile, oltre il 26 per cento della media nazionale. “Le abbiamo tentate tutte per far capire che la situazione sanitaria è tale che il Salento non può più permettersi opere così impattanti”, ha detto Serravezza nella sua ultima uscita pubblica, sette giorni fa. Roma, per ora, è sorda. Forse reagirà soltanto quando arriveranno davanti alla sede del governo i 94 sindaci e l’oncologo.

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