Un giorno, in risposta a un giornalista che lo incalzava sulla necessità di consumare, Pepe Mujica, presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, disse: “Quando compri credi di farlo col denaro, ma ti sbagli. Non si compra con i soldi, ma con il tempo che abbiamo usato per guadagnare quel denaro. In altre parole quando si consuma, si paga con la vita che se ne va“.

Ci hanno sempre fatto credere che la felicità dipende dalla ricchezza, ci hanno chiesto di sacrificare tutto il nostro tempo, ci hanno chiesto di non veder crescere i nostri figli, hanno aperto le scuole alle 7.30 richiudendole alle 19 (quando saranno aperte 24 ore su 24?).

Ci hanno ingannato, uomini e donne, in nome di una parità al massimo ribasso, in nome di una libertà che è solo schiavitù.

E allora ci si affanna, si corre, si maledice il tempo che scappa. Otto ore di lavoro non bastano più, è necessario fare lo straordinario. Si arriva a casa e non si ha il tempo di cucinare, leggere, giocare, ascoltare, raccontare, protestare, partecipare. I bambini sono già addormentati prima ancora di averli abbracciati. Si compra insalata imbustata, già lavata e cibo inscatolato e precotto. Si accende la tv che parlerà per tutti.

La mattina non si ha il tempo di accompagnare i figli a piedi o in bici a scuola, si va in auto ovunque, correndo, spendendo e inquinando, stramaledicendo ogni ostacolo che ti rallenta la corsa. E nel poco tempo libero rimasto ci si affanna per comprare e andare in palestra. Ma la palestra e gli acquisti costano, e costano pure tanto, e allora bisogna lavorare di più, fare più straordinario, accettare salti di carriera, lunghe trasferte, e lavori poco etici. Quel po’ di coscienza la teniamo silente: non si può storcere il naso, il lavoro è lavoro, anche se inquina, devasta, sfrutta e specula.

Ci sentiamo un ignaro ingranaggio del sistema (anche se dirigenti), ci sentiamo indifferenti alla (non) eticità della nostra azienda. Per forza, non possiamo mica essere schizzinosi: abbiamo da pagare il mutuo, il Suv, l’assicurazione, i regali per i bimbi, la babysitter, l’animatore, i pre e post-scuola, corsi sportivi e un costoso centro benessere dove andare a rilassare.

Chi trionfa nella nostra vita è il denaro. Chi perde è l’umanità. Scriveva Ivan Illich “la schiavitù che annichilisce le facoltà pensanti è data per scontata, basta solo che sia retribuita”.

E si vede: in Italia oltre 11 milioni di persone fanno uso di ansiolitici, antidepressivi e psicofarmaci. Ogni anno muoiono 40.000 persone per  problemi alcol correlati. Il 5,4% della popolazione adulta ha fatto uso, almeno una volta, di cocaina. Sono i dati tratti dallo studio Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr) di Pisa.

Da oltre 100 anni l’orario di lavoro è stato ridotto, col sacrificio di tanti lavoratori e sindacalisti, a 40 ore settimanali (in Italia negli anni Venti). Da allora è rimasto sostanzialmente invariato fino a oggi. Nonostante la tecnologia in questo lasso di tempo abbia fatto passi da gigante, nonostante la disoccupazione sia sempre più massiccia.

Trasformare la settimana lavorativa full time da 40 a 32 ore (o meglio ridurre i giorni lavorativi da 5 a 4) aiuterebbe l’occupazione e renderebbe il lavoro meno disumano. E’ una proposta avanzata in Emilia Romagna, a firma del consigliere regionale de L’Altra Emilia Romagna e giurista Piergiovanni Alleva. Ad oggi la Francia è l’unico Paese europeo in cui la norma della riduzione del full time (a 35 ore in questo caso) ha trovato applicazione.

Occorre inoltre prevedere un reddito di cittadinanza, un incentivo affinché mamme e papà possano restare a casa quando i bimbi sono piccoli, obblighi per le aziende affinché concedano part time a mamme e papà di bimbi in età scolare, e/o la possibilità di telelavoro.

Casalinghe (e casalinghi), avendo lavorato tutta la loro vita gratuitamente per il benessere della società, devono avere diritto a una previdenza sociale.

Infine occorre veicolare una transizione verso lavori etici ed ecologici. Serve dare spazio all’“economia solidale”, ai contadini che praticano agricoltura bio, ai vignaioli e birrai artigianali, al commercio equo, alle cooperative di riuso e riciclo, al settore della mobilità sostenibile, ai laboratori di rigenerazione dei computer e di promozione del software libero,alla bioedilizia, all’energia da fonti rinnovabili.

Avere più tempo libero e meno stipendio vuol dire improntare la propria vita sulla sobrietà e sulla decrescita felice, con un miglioramento della qualità della vita per tutti e una chance per mitigare i cambiamenti climatici.

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