Gentilini e Lega, addio per sempre. Quello che degli extracomunitari clandestini diceva: “Bisognerebbe vestirli da leprotti per fare pim pum pam col fucile”. Quello che aveva fatto sradicare le panchine dei giardini di Treviso: “Ho visto nella zona della stazione decine di negri seduti sulle spallette del ponte, altri sulle panchine e sacchetti e zaini penzoloni ai rami degli alberi. Il giorno dopo sono andato dal prefetto perché non tollero che Treviso diventi una terra di occupazione”. Quello che non sopportava gli islamici, anticipando le battaglie leghiste: “Voglio la rivoluzione contro coloro che vogliono aprire le moschee e i centri islamici! E qui ci sono anche le gerarchie ecclesiastiche, che dicono ‘lasciate anche loro pregare’… No! Vadano a pregare nei deserti!”. Per non parlare dei gay: “Darò immediatamente disposizioni alla mia comandante dei vigili affinché faccia pulizia etnica dei culattoni”. Il sindaco-sceriffo che a sentir parlare di rom e stranieri gli veniva l’orticaria: “Voglio la pulizia dalle strade di tutte queste etnie che distruggono il nostro Paese! Voglio la rivoluzione nei confronti dei nomadi, dei zingari!(sic) Voglio eliminare tutti i bambini dei zingari che vanno a rubare dagli anziani. Maroni dice ‘tolleranza zero’, io la voglio ‘a doppio zero’”.

Così parlava un tempo Giancarlo Gentilini, il leghista più variopinto che si ricordi. Adesso gli hanno dato il benservito. Lui ha accusato la Lega Nord e la Liga Veneta di essere diventate un “poltronificio”, una fabbrica di potere. Gli hanno risposto che ormai non rappresenta più nessuno, che il partito in sede provinciale non lo può espellere, perché è tesserato da più di dieci anni. Ma la segnalazione per la segreteria federale di Milano, competente in questi casi, è già stata interessata. E’ solo questione di tempo.

Galeotta un’intervista a La Tribuna di Treviso di qualche giorno fa riguardante un balletto di poltrone (tutto interno al Carroccio) ad Ascopiave, colosso della distribuzione di gas ed energia. La Lega ha fatto fuori (dopo due mandati) Fulvio Zugno, mettendo al suo posto Nicola Cecconato, molto vicino a Luca Zaia. Ma Zugno ha silurato Stefano Busolin dalla presidenza di Ascotrade, per occuparne il posto, con incremento dell’indennità. “Sono schifato. Che c’entra la mia Lega con questo spettacolo deprimente? Zugno, Busolin, le poltroncine, gli strapuntini nei consigli di amministrazione. Spettacolo degradante, io non mi sono arricchito facendo l’amministratore”, aveva commentato Gentilini.

Fine di un amore. Di una militanza decennale, che ha portato Gentilini a fare il sindaco di Treviso dal 1994 al 2002. Poi il vicesindaco con Giampaolo Gobbo fino al 2013. Sconfitto, quando ci provò per il terzo mandato nel 2013, dall’avvocato Giovanni Manildo, più renziano che diessino. Così finisce a torte in faccia. Perché Gentilini ha sparato diritto contro la nomenklatura leghista. “Vedo con raccapriccio, nella gestione del segretario regionale Toni Da Re e provinciale Dimitri Coin, un partito intento solo al commercio di posti e denari”.

I due non hanno porto l’altra guancia. Poco importa se Gentilini è stato la bandiera della Lega a Treviso e in Veneto per più di vent’anni. Il segretario Coin gli ha dato il benservito urbi et orbi. “Gentilini non ci rappresenta più, anche se è lui stesso a dire di non riconoscersi in questa Lega. Ma la Lega non accetta lezioni di moralità da nessuno, men che meno da Gentilini. La nostra filosofia è diversa dalla sua. Per noi conta la meritocrazia. Per lui la consuetudine è la letterina di raccomandazione, la richiesta di attenzione. Gentilini ha pensato a sistemare i suoi, ma si assumerà ogni responsabilità”. Coin è perfino pronto a querelarlo. Intanto ha interessato la segreteria federale. “Abbiamo informato Matteo Salvini, gli ho mandato tutte le ultime uscite sui giornali di Gentilini, e anche il governatore Luca Zaia. E mi hanno detto di andare avanti”. Il che significa: “Non sarà più un nostro candidato e la Lista Gentilini nel 2018 a Treviso non ci sarà. Se correrà, lo farà in contrapposizione con la Lega”. E ancora: “Per due anni abbiamo scelto la linea di non rispondere alle sue provocazioni. Ma adesso è andato oltre. Io non ho mai espulso nessuno, ma per i militanti come lui decide il Federale”. Il vecchio sindaco risponde a muso duro: “Non accetto diktat da nessuno, lascio al popolo la decisione. Ma resto fedele al vangelo della Lega del 1994: Dio, Patria e famiglia”.

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