Andrea Lorenzoni si allaccia la giacca, così, come per dire che anche questa è fatta. Mezzo busto, sguardo serio, t-shirt gialla: è la copertina di Mondo Club, il primo album da solista del 31enne cantautore bolognese che una volta Lucio Dalla scoprì al Teatro del Navile di Bologna, puntando orecchie e antenne, come era d’uso vedergli fare negli ultimi anni rispetto alle nuove generazioni di musicisti. La “Bologna coi suoi orchestrali” colpisce ancora.  Lorenzoni arriva da decine e decine di live, un libro di poesie, e ora con album ultrapop, quasi più vicino alla baldanzosa allegria di Cremonini e Ballo che alle sonorità più sofisticate di altri bolognesissimi emuli alla Samuele Bersani. “Il primo disco era più simile al libro, con parole costruite con canoni da poesia, questo è rivolto a un pubblico pop, più ampio, ma in realtà ho faticato di più su questi testi che su quelli sperimentali”, ha spiegato Lorenzoni in un’intervista a Repubblica.

Il titolo Mondo Club richiama alla ballabilità di alcuni brani del disco, come la hit Canzone, ricca di fraseggi di sax e trombe (Giulia Barba e Matteo De Angelis) e alla bellezza, come ha spiegato il cantautore, di “guardare il mondo dall’alto riuscendo a coglierlo come un unico grande club di persone”. “Muore una generazione di cantanti italiani arriva un nuovo tempo lo dicono i giornali, saremo acqua che scorre di una nuova sorgente”, canta Lorenzoni in Una Generazione, altro brano specchio di un sottotesto di trasformazione generazionale e musicale che dipana l’idea di un nuovo futuro del cantautorato che inevitabilmente verrà. Poi ci sono le curiose presenze etniche dei suoni del tabla, del sitar e dell’harmonium indiano: “L’idea di inserire strumenti della tradizione orientale – continua, parlando a Repubblica – mi è venuta dal desiderio di dare un tocco più originale ad un progetto di canzoni pop italiane. Siccome sono di madre bolognese e padre pakistano (ho preso il cognome di mia mamma) la via più naturale mi è sembrata quella di inserire strumenti musicali che fanno parte della tradizione pakistana. A livello personale è stato un modo per rielaborare attraverso l’arte quella parte di me più sconosciuta. Mi interessa molto la sperimentazione continua”.

Mondo Club ha poi il suo cuore, la sua anima poetica e melodica in un pezzullo che se ne sta là in fondo al disco. Quel Tu dove sei, completo di spazzole che sfiorano amabili il charleston, un controcanto di fiati che richiama un’antica ballata soul, e un sitar che chiude l’improvviso lampo orientaleggiante. La produzione artistica ed esecutiva di Mondo Club è di Lorenzoni assieme a Michele Postpischl, ed è stato registrato, tra gli altri, negli storici studi della Fonoprint di Bologna, dove hanno registrato Luca Carboni, Eros Ramazzotti, Guccini, la Pausini, e perfino Il Volo.

Articolo Precedente

Don Antonio, da giornalista a cantante: ‘Racconto tutti i Sud possibili’

next
Articolo Successivo

Levante, lascia la musica e resta su Instagram. Che quella è la tua strada

next