Quando l’umorismo è divertente e quando invece diventa di cattivo gusto?

Si può parlare di limiti invalicabili quando si veicolano immagini al grande pubblico senza passare per bacchettoni? Secondo me, sì. Come ad esempio durante lo scherzo ad Emma Marrone nella puntata di Amici dove, durante le prove, la cantante viene molestata da un ballerino che la tocca in più parti fingendo di seguire una coreografia.

Nel video la Marrone appare molto infastidita dalle libertà ‘creative’ del ragazzo e nemmeno una volta è sembrata divertirsi o trovare la situazione in qualche modo lusinghiera e tollerabile.

Eppure, quando lo sketch è andato in onda ricostruito, sia lei che le altre donne in studio (Ambra, Elisa, Eleonora Abbagnato) hanno trovato la burla esilarante, esibendo reazioni di incontenibile ilarità.

Al di là della responsabilità degli autori e della De Filippi (in nulla diversa dalla Perego durante il suo programma di qualche settimana fa e poi chiuso) c’è qualcos’altro che emerge dall’episodio: il paesaggio desolante dei protagonisti in studio. Attori da circo ammaestrati, morti di fama, istupiditi per non scontentare, per non perdere la poltrona o il cachet e quindi disposti a tutto, anche a ridere a comando o di gusto (è difficile decidere cosa sia peggio).

Il riso abbonda sulla bocca degli stolti, perciò ridiamo! Ridiamo senza riflettere, come gesto inconsulto, per sentirsi leggeri, ridiamo per deviare il discorso, per ammiccare, per superficialità, per ignoranza.

Ma se uno ti pesta un piede, non ridi. Se stai stretta in mezzo a una ressa, non ridi. Se qualcuno ti parla a voce alta, non ridi. E allora perché quando uno tocca il sedere o il seno a una donna, senza che lei lo voglia, questo scatena un riso a furor di popolo?

Come è possibile che Emma, dopo il malessere evidente testimoniato durante lo scherzo, abbia improvvisamente cambiato idea? Non può esserci niente, né la celebrità o il denaro, che possa offuscare anche solo per un minuto il proprio amor proprio, la propria dignità.

Il messaggio diffuso da Amici è grave e reso insopportabile proprio dalla complicità delle donne coinvolte, anche solo in veste di testimoni senza carattere di un abuso diventato improvvisamente legittimato, addirittura di successo.

Poco dopo anche Staffelli ha consegnato il Tapiro ad Emma ribadendo quanto lo scherzo fosse stato spassoso, mentre la cantante gli riferiva che molta più gente di quando aveva vinto Sanremo l’aveva chiamata al telefono.

Pasolini diceva che “la televisione, in quanto medium di massa, non può che mercificare o alienare” e quello che è andato in onda sabato scorso è la prova della sua acuta lungimiranza. Uno spettacolo basso in cui ad essere mercificato è stato ancora una volta il corpo della donna con l’aggravante della bischerata collettiva, della goliardia ad uso di un pubblico intossicato dalla scemenza a buon mercato, dalla volgarità.

Una volta un’amica mi ha raccontato che durante un viaggio di lavoro, l’autista che doveva condurla a un incontro, le ha toccato scherzosamente il ginocchio mentre guidava. Così, per sondare il terreno, per giocare al maschio latino. A lei però la cosa non l’ha fatta ridere per niente.

La moralità qui non c’entra. Si può essere irriverenti e fare comicità, si può far ridere senza simulare un’aggressione. Si poteva fare uno scherzo ad Emma senza puntare sul sesso ma questo, forse, non avrebbe fatto ridere la pancia del paese.

Se si organizzasse una candid camera a un siriano simulando un bombardamento o se si facesse rivivere un viaggio su un barcone a un profugo, si potrebbe sempre parlare di scherzi? No. Perché la gente, in quel tipo di situazione, ci muore. Così come ogni giorno in Italia le donne sono vittima di vessazioni e di abusi anche mortali.

E a tutte quelle che hanno riso davanti allo scherzo di Emma chiedo: se per strada un uomo vi toccasse il sedere per davvero, senza che voi lo voleste, vi scapperebbe così tanto da ridere?

Articolo Precedente

Migranti, dopo il viaggio c’è l’attesa. Lamin disegna il logorio dei richiedenti asilo

next
Articolo Successivo

Biotestamento, quando mia madre mi disse: ‘Perché non mi liberano da quest’inferno?’

next