Il Front National ha al momento soltanto due deputati. Ed è importante tenere presente questa cosa quando si pensa agli effetti di un’eventuale vittoria al secondo turno da parte di Marine Le Pen. Un evento molto improbabile secondo i sondaggi, che hanno dato finora la leader del Front National perdente sia contro il centrista Emmanuel Macron che contro il candidato di centro-destra François Fillon. Ed è onestamente difficile stabilire fino a che punto l’ultimo attentato sugli Champs-Élysées possa squilibrare gli scenari elettorali che ci sono stati prospettati, ma come ormai si sa i sondaggi vanno presi con le molle. Ad ogni modo, anche se Le Pen vincesse al secondo turno si ritroverebbe senza sostegno parlamentare. A quel punto tutta l’attenzione si concentrerebbe sulle elezioni legislative di Giugno, in cui è davvero molto improbabile che il Front National riesca ad ottenere una maggioranza autonoma, e quindi Le Pen sarebbe quasi certamente costretta a collaborare con altre forze politiche. Tra l’altro, con l’evidente paradosso che molte delle sue proposte economiche su lavoro e pensioni troverebbero sponda, in linea teorica, soltanto tra i banchi della sinistra.

Ma andando dritti al punto che spaventa tutti, l’uscita dall’Europa della Francia, va sottolineato che il Front National molto difficilmente troverebbe la maggioranza necessaria in Parlamento per cambiare la Costituzione ed attivare questo meccanismo. L’ipotesi più probabile è che Le Pen tenti di indire unilateralmente un referendum, bypassando il Parlamento, cosa che è già accaduta una volta nel 1962, e vincendo eventuali resistenze della Corte Costituzionale. Ma anche qui i sondaggi sembrerebbero piuttosto rassicuranti per gli europeisti, perché a quanto pare la maggioranza dei francesi non sarebbe disposta ad assumersi il rischio di una Frexit.

Con ciò non voglio dire che nel caso di una vittoria al secondo turno di Le Pen non ci sia la possibilità di un contraccolpo istituzionale forte per l’Unione Europea, tutt’altro. Ho soltanto voluto sottolineare che non ci sarebbe nulla di scontato o automatico. Perché anche se Le Pen facesse davvero il suo ingresso all’Eliseo il fronte repubblicano avrebbe almeno altre due occasioni per serrare le fila e chiamare a raccolta indecisi e astenuti. Ovviamente però ci sarebbero altre aree in cui Le Pen potrebbe agire con maggiore libertà anche senza consenso referendario e senza maggioranza in Parlamento, e una di queste è la politica estera. E a tal proposito non né un mistero che Marine Le Pen sia sempre stata contraria alle sanzioni contro la Russia.

Tuttavia, e questa è la seconda considerazione che vorrei fare, anche se i dati della campagna elettorale e di un eventuale referendum sembrano scongiurare il rischio di dovere togliere un’altra stellina gialla dalla bandiera blu dell’Unione Europea, le conseguenze politiche di questa tornata elettorale francese non potranno essere spazzate via da una semplice sconfitta del Front National al secondo turno. Perché se da un lato è vero che la maggioranza dei francesi sembra volere continuare a dare fiducia al progetto europeo, un’altra parte altrettanto considerevole dell’elettorato ha spostato il suo sostegno dai partiti tradizionali verso figure alternative e più radicali, a cui l’assetto istituzionale consolidatosi negli ultimi decenni va certamente stretto. E non mi riferisco soltanto all’exploit del Front National, di cui tutti parlano, ma anche al sorpasso che il candidato della sinistra più radicale Jean-Luc Mélenchon ha effettuato a spese del socialista Benoît Hamon, soprattutto grazie alle sue performance nei dibattiti televisivi del mese passato. E la differenza più evidente tra i due riguarda proprio la permanenza in Europa, che Mélenchon vuole rinegoziare o, se ciò non dovesse riuscire, sottoporre a referendum, mentre Hamon si limita ad auspicare quel cambio di politiche di hollandiana memoria (e mi riferisco all’Hollande della campagna presidenziale).

I partiti tradizionali escono comunque fortemente ridimensionati da questo confronto elettorale. Il consenso dei moderati sarà probabilmente raccolto dal centrista Macron, che si presenta come indipendente e che i sondaggi danno in vantaggio al 23% (seguito da Le Pen a un punto di distanza, e poi quasi pari al terzo posto, dal repubblicano Fillon e da Mélenchon  di “la France insoumise”, a quasi 3 punti dal primo). Ma il malcontento e la delusione restano lì. Se anche Macron o Fillon dovessero alla fine trionfare al secondo turno, e poi non riuscire a soddisfare le aspettative degli elettori, come avvenuto con il Presidente uscente, al prossimo confronto elettorale potrebbe non esserci più candidato centrista indipendente che tenga.

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