Riduzione dell’orario lavorativo; stop ai privilegi sindacali; più democrazia nei luoghi di lavoro. Sono alcuni dei punti contenuti nel programma lavoro del Movimento 5 Stelle, votato online da oltre 24mila iscritti certificati e presentato oggi in conferenza stampa a Montecitorio dal deputato M5s e vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, insieme ai colleghi Tiziana Ciprini, Claudio Cominardi, Nunzia Catalfo e Davide Tripiedi. “Il M5s”, ha detto Di Maio, “intende cominciare a mettere in discussione il principio per il quale un sindacalista possa diventare parlamentare o entrare nel cda di un’azienda quando c’è conflitto di interesse. Dobbiamo mettere uno stop alle porte girevoli”. E così Cominardi: “Dobbiamo mettere fine ai sindacalisti carrieristi. Non dimentichiamo quanti sindacalisti ci ritroviamo in Parlamento, in Commissione Lavoro o nel governo: gli stessi che hanno approvato il Jobs act”.

Tra i punti del programma c’è la riduzione dell’orario di lavoro sotto le 40 ore settimanali e l’introduzione della settimana lavorativa a 4 giorni. “Lavorare meno, lavorare tutti: non è più uno slogan ma una realtà in alcuni Paesi del Nord Europa”, ha sottolineato Ciprini. Un misura – ha spiegato la parlamentare – pensata “non solo per migliorare la qualità della vita ma anche per favorire la redistribuzione del lavoro”.  “La Francia – ha spiegato Di Maio – oggi ha il 60% di occupati, noi circa il 57%. Loro hanno 36 ore di lavoro, noi ne abbiamo 40. Siamo gli ultimi per produttività da lavoro. Quando agiamo sulle ore di lavoro, la prima cosa che vogliamo fare è aumentare la produttività lavorativa”, che non è legata “al numero di ore lavorate”.

Altro punto chiave dell’agenda lavoro targata M5S riguarda il taglio “degli assurdi privilegi che, all’interno del sistema sindacale, hanno contribuito a creare situazioni da casta parassitaria e completamente scollata dalla realtà del lavoro che cambia”. L’obiettivo dei 5 Stelle è “scoraggiare la commistione tra sindacato e grande imprenditoria o politica: troppi ex esponenti delle sigle dei lavoratori fanno poi generose carriere in Parlamento, nei partiti, al governo o grazie a posti di potere nella gestione di grandi aziende”.

Secondo Di Maio “l’attuale modello sindacale non è più accettabile. Il modello sindacale che abbiamo oggi, come i partiti per la politica, ha deciso di non rappresentare più i lavoratori, ma di rappresentare i propri privilegi e di farsi casta”. “Il sindacato deve campare col tesseramento degli iscritti e non con i finanziamenti pubblici che arrivano a pioggia”, gli ha fatto eco Cominardi, il quale ha poi evidenziato la necessità di “garantire a tutti i lavoratori il diritto di poter eleggere le proprie rappresentanze sindacali e di essere eletti”, coinvolgendoli “nell’elaborazione delle strategie, nell’organizzazione produttiva e nei processi decisionali della loro impresa”.

Sul fronte pensioni, si legge nel programma dei pentastellati pubblicato sul sito del Movimento, il M5s “aumenterà la libertà dei lavoratori di decidere, entro certe soglie e limiti, il livello di contribuzione (anzianità) e l’età anagrafica di uscita dal lavoro, consentendo loro di bilanciare esigenze differenti (logorio professionale, necessità di avere più tempo libero o esigenza, al contrario, di percepire un assegno previdenziale più ricco)”. I 5 Stelle propongono inoltre di “estendere le tutele previdenziali dei cosiddetti lavori ‘usuranti’ a categorie professionali oggi non incluse e terremo conto delle esigenze dei cosiddetti ‘precoci'”, ricalibrando anche “l’incentivo legato alla ‘staffetta generazionale'”.

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