Continua la guerra senza esclusione di colpi sull’asse Venezia-Roma, visto che il potere centrale smantella sistematicamente ciò che la Regione a trazione leghista approva sul tema del primato dei veneti e della sicurezza pubblica. Un mese fa il consiglio regionale aveva dato il via libera a una norma che apriva una corsia privilegiata nell’assegnazione dei posti negli asili ai figli di coloro che risiedono nel Veneto da almeno 15 anni. Adesso la presidenza del consiglio ha impugnato la legge davanti alla Corte costituzionale. Lo scorso anno era stato approvato un fondo per assistere finanziariamente, a spese della Regione, i cittadini che sparano per difendersi e per questo si trovano indagati. Ma la Consulta ha stabilito che in questo modo l’amministrazione regionale ha debordato in un settore che è di competenza statale. E quindi la legge è stata cassata.

Scintille nelle ultime ore tra il sottosegretario per gli affari regionali, Gianclaudio Bressa, e il governatore veneto Luca Zaia. Bressa ha spedito una nota al veleno: “Il Veneto cerca il conflitto con lo Stato. Sono norme-manifesto utili a parlare solo ai propri militanti. Il primo a sapere che le norme sono incostituzionali è lo stesso Zaia”. E ha fatto un confronto con la Lombardia. “Mentre Roberto Maroni interloquisce e afferma un forte ruolo della Lombardia, Zaia porta il Veneto all’isolamento“. Replica del governatore leghista: “E’ il governo che impugna le leggi e non quelle degli altri. Andremo avanti con tutte le norme su ‘Prima i veneti'”.

Quest’ultimo è lo slogan che il governatore Luca Zaia ha sbandierato in campagna elettorale e che traduce in provvedimenti legislativi. Sugli asili l’approvazione risale al 14 febbraio scorso e porta la paternità di Lega, Lista Zaia, Fratelli d’Italia e i tosiani di “Fare!” promotori della legge. Avevano votato contro il Pd e i Cinquestelle, avvertendo che si trattava di una norma discriminatoria. Venivano introdotti benefici nell’assegnazione dei punteggi per le graduatorie degli asili ai figli di chi abita o lavora in Veneto da almeno tre lustri. Non c’erano state solo polemiche politiche. Anche Unicef, Save the children, l’Associazione dei docenti e dei dirigenti scolastici italiani, Maestri cattolici, Genitori democratici ed altre associazioni avevano scritto al governo chiedendo l’impugnazione perché la legge violerebbe la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia.

Come non bastasse, una decina di giorni fa è stato presentato un disegno di legge analogo, ma centrato su anziani e case di riposo, bonus famiglia e sostegno agli handicappati. In quella occasione il vice capogruppo della Lega, Riccardo Barbisan, primo firmatario, aveva detto: “Ci ispiriamo a quello che fanno anche a Trento, dove c’è una maggioranza di centrosinistra. Non è razzismo, ma principio di residenzialità”. Adesso il governo è intervenuto in modo deciso, mettendosi di traverso ancora una volta e suscitando la replica di Zaia: “L’indicazione dei 15 anni è un criterio di preferenza che non ha intenti discriminatori o razzistici”.

Di sicuro la Consulta ha bocciato il fondo regionale da 100mila euro per il patrocinio gratuito a sostegno dei cittadini colpiti dalla criminalità. Avrebbe dovuto sostenere chi si è difeso sparando e per questo è stato accusato di eccesso colposo di legittima difesa o perfino di omicidio volontario, come accaduto in qualche clamoroso fatto di cronaca. Anche in quel caso a beneficiarne erano i residenti in Veneto da almeno 15 anni. Lo stop non è però venuto su questo punto, ma perché la norma riguarda il gratuito patrocinio nel processo penale e il diritto di difesa che sono temi di competenza esclusiva dello Stato, come indicato dall’articolo 117 della Costituzione.

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