Post factual society: una delle idee più suggestive presentate al TEDxRoma 2017 non è venuta da uno dei 18 speaker in carne ed ossa che all’Auditorium della Conciliazione preconizzavano il futuro da qui a vent’anni.

La post factual society è stata enunciata quale probabilità reale dall’intervento video dello scorso anno di Alexander Betts, giovane direttore del Centro studi sui rifugiati all’Università di Oxford, il quale sviluppava Brexit fra gli argomenti del suo discorso. Ma tra le pieghe dell’incredibile decisione di un intero popolo di separare il suo destino da quello del proprio Continente, il tema di fondo è: eclatanti bufale e verità fattuale sono destinate ad avere pari dignità nella futura comunicazione umana?

Betts sostiene che la strada intrapresa dai mezzi di comunicazione di massa – internet in primis – va proprio in quella direzione ed è per quest’allarmante motivo che la nostra società nel suo complesso oggi ha assoluta necessità di una partecipazione civica permanente a tutti i livelli di classe e di istruzione. Dalla mancanza di questa coscienza politica, secondo Betts, è scaturito l’irrazionale verdetto della Brexit. Per la medesima causa i popoli potrebbero portare se stessi e le proprie nazioni ad altre decisioni disastrose.

Come spesso accade, il Ted non è soltanto un campo di incontro di ottimisti sul futuro che propongono meravigliose sorti progressive dell’umanità. Anzi, sempre più di frequente, sono grida di allarme quelle che si levano dal palco nei dodici minuti a disposizione degli oratori.

Paolo Gallo, direttore del World economic forum, ci ha ricordato che viviamo in un mondo completamente interconnesso e non certo dall’avvento di Internet.

Un esempio? Il 1816 fu l’anno dell’eruzione del vulcano Tambora in Indonesia. Fu la più violenta della storia e quello fu ricordato come l’anno senza estate. Ma il freddo dato statistico non dice che proprio quella stessa estate che non ci fu, a Villa Diodati, nei sobborghi di Ginevra, si riunivano sotto lo stesso tetto George Byron, John Polidori, Percy Bysshe Shelley, Mary Wollstoncraft Shelley, dando vita per la prima volta alla letteratura gotica con la creazione di almeno due capolavori: Il Vampiro (Polidori) e Frankenstein (Mary Shelley). Il 1816 fu cruciale anche perché si cominciò a usare l’espressione “Rivoluzione industriale” per definire il passaggio dall’economia agricola a quella generata dal lavoro delle macchine e degli operai-schiavi a esse dedicati.

Pensare al “mostro” della Shelley come a una metafora di quel progresso è forse un volo pindarico eccessivo, ma oggi che siamo arrivati alla cosiddetta “Quarta rivoluzione industriale” grazie ai robot, all’intelligenza artificiale, all’internet delle cose. Secondo Gallo l’interdipendenza è un dato di fatto e si potrà sopravvivere all’inarrestabile evoluzione tecnologica solo grazie a una formazione permanente che impregni l’essere umano a studiare per tutta la vita.

Sarà lapalissiano, ma l’istruzione è il concetto chiave del futuro. Anche per la sopravvivenza della democrazia. Antoine Houlou Garcia, statistico, è sicuro che le buone decisioni comuni, cioè quel che chiamiamo buona politica, sarà tale solo se ogni singolo componente della società sarà in grado di avere almeno il 51% di probabilità di non sbagliare decisione, in qualunque campo. Una tale sicurezza matematica non dipende forse dalla formazione individuale?

Tutto molto stimolante, ma non è certo un futuro in cui rilassarsi e godersi i frutti del progresso. Un progresso peraltro fatto di megalopoli (decisamente inquietanti) secondo la visione dell’architetto e designer Tarik Oualalou: entro il 2037, sei miliardi e mezzo di esseri umani vivranno in una città.

Sarà da temere quello che lo psicologo Philip Zimbardo chiama “effetto Lucifero“? Il dottore teorizza che la condotta morale delle persone viene influenzata dal sistema dentro al quale si muovono. Da cui la necessità di costruire o trasformare le città a misura d’uomo (memento Corviale).

E che dire dell’effetto dei “confini porosi” resi tali dal fenomeno migratorio e dalla globalizzazione degli esseri umani, prima che dell’economia? Non a caso ne parla Mohammed Hawar, un ventiseienne architetto che viene dall’Iraq massacrato dalla politica di George W. Bush.

Oggi che il presidente degli Stati Uniti si chiama Trump e la sua principale preoccupazione appare il lanciare missili e bombe, le diciotto visioni del TEDxRoma 2017 possono ancora sembrare rivoluzionarie oppure solo previsioni di arrivo di parabole già tracciate se non addirittura semplici esposizioni di buone intenzioni assolutamente ininfluenti.

Comunque sia, il TEDxRoma 2017, come le tre edizioni precedenti, non avrà forse il potere di cambiare il mondo (siamo davvero troppo periferici), ma almeno ha avuto il pregio di portare nella sonnacchiosa Capitale un po’ di visione del futuro, quello veramente possibile.

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