Partendo dall’analisi del Dna degli abitanti di un villaggio olandese rimasto isolato per decenni dal resto della popolazione è stato scoperto un gene che può aumentare il rischio di soffrire di depressione: il gene si chiama NKPD1 e a partire da questa scoperta si potrebbero pensare nuove terapie, almeno per una parte dei pazienti depressi. È il risultato di una ricerca pubblicata sulla rivista Biological Psychiatry e condotta da Najaf Amin dell’Università centro medico Erasmus a Rotterdam.

La depressione ha una componente genetica ed ereditaria ma ad oggi ancora sono pochi i geni isolati potenzialmente coinvolti nella malattia. Gli esperti sono partiti dagli abitanti (Erasmus Rucphen Family) di un villaggio rimasto isolato per lungo tempo ed hanno analizzato il loro Dna perché proprio le condizioni di isolamento favoriscono l’amplificarsi di difetti genetici di per sé rari e quindi difficilmente isolabili nella popolazione generale.

Sottoponendo gli individui a test e questionari per valutare eventuale presenza di disturbi depressivi, gli esperti hanno visto che chi possedeva dei difetti (mutazioni) a carico del gene NKPD1 era più a rischio di depressione. Infine gli esperti hanno cercato conferma di questo risultato nella popolazione generale e con analoghi test genetici e questionari hanno osservato che effettivamente quando NKPD1 non funziona bene il rischio depressione sale. Poiché NKPD1 è importante per la produzione di una famiglia di molecole (di grasso) chiamate ‘sfingolipidi’ (la cui carenza è stata in passato associata a rischio depressione) sembrerebbe che almeno in alcuni casi i disturbi depressivi potrebbero trovare giovamento da assunzione di sfingolipidi o grassi precursori.

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