A Terni, nel cuore verde dell’Italia, ci sono due inceneritori, un’acciaieria e un tasso di tumori superiore alla media.

Il 25 marzo settemila persone hanno marciato per chiedere rispetto per la propria vita e per quella dei propri figli. Tante famiglie con bambini, tanti giovani e anziani e tanti, purtroppo, anche i pazienti oncologici. Nel corso della manifestazione il comitato No inceneritore ha raccolto i fondi per il ricorso al Tar.

Sì, perché il 22 marzo la Regione ha rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) al secondo inceneritore. Eppure la governatrice Pd Catiuscia Marini nel 2015, si era schierata contro lo Sblocca Italia che prevedeva l’accensione di un nuovo inceneritore in Umbria.

A quanto pare ha cambiato idea. L’autorizzazione è stata rilasciata nonostante lo scandalo del dicembre 2016: otto indagati per violazioni ambientali tra dirigenti e rappresentanti legali della Tozzi holding di Ravenna, proprietaria dell’inceneritore. Rassicuriamoci, l’autorizzazione è in vigore ‘solo’ dieci anni, e comunque “delle revisioni potranno essere assunte a seguito degli studi epidemiologici commissionati”. Perché i ternani si preoccupano tanto?

Peccato che gli studi epidemiologici già esistono da anni, ma nessuno (dei potenti) ha voglia di leggerli: oltre a dossier dell’Arpa, appelli di associazioni, pareri di medici e professori, pesa come un macigno il rapporto dello Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento (Sentieri), finanziato dal ministero della Salute e coordinato dall’Istituto superiore di Sanità (Iss). In questo studio sono presi in esame 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche (Sin): oltre a Terni, Taranto, Brescia, tanti altri luoghi di morte, malattia e inquinamento, martirizzati dalla ricerca estenuante del profitto. La Conca ternana emerge dal rapporto Sentieri con un preoccupante eccesso di morti per tumori.

Come sempre, il profitto prima di tutto. Perché solo di profitto si tratta, nessun inceneritore è utile per il bene pubblico. Per sfamare gli inceneritori, le amministrazioni pubbliche devono rallentare i programmi di espansione della raccolta differenziata, danneggiando la cittadinanza.

Alcuni dicono: “O inceneritori o discariche, a voi la scelta”. Ma non è vero che bruciare i rifiuti riduce le discariche, né che senza discariche avremo bisogno di più inceneritori. Discariche e inceneritori si alimentano l’un l’altro. L’incenerimento ha bisogno di discariche per le ceneri volanti e per le scorie. Infatti, guarda caso, contemporaneamente all’autorizzazione del nuovo inceneritore a Terni, viene ampliata la discarica di Orvieto (dove finiranno le scorie dell’inceneritore) e costruite nuove strade (per i trasporti).

Inceneritori e discariche andrebbero a scomparire con una seria prevenzione dei rifiuti a monte: incentivare il vuoto a rendere e il riuso dei contenitori (invece che ostacolare questa pratiche con assurdi inghippi burocratici e di igiene), incentivare l’uso dei pannolini lavabili, degli assorbenti lavabili, delle coppette mestruali (pannolini e assorbenti usa e getta sono la parte più difficile da trattare in discarica e più inquinante se bruciata). Incentivare il compostaggio domestico, a km zero. Noi (che viviamo in appartamento e non abbiamo terra), ci siamo autocostruiti una compostiera in terrazzo. Tra l’altro, una recente legge rende possibile di fare compostiere di condominio o di comunità.

Combattere le lobbies dell’imballaggio, ottimizzando la raccolta differenziata, con il porta a porta integrale con tariffa puntuale (più inquini, più paghi), e impedire con divieti e disincentivi che le feste scolastiche e le sagre siano all’insegna dell’usa e getta e dell’indifferenziata. Obbligare i produttori a riprogettare i prodotti e gli imballaggi, all’insegna di riduzione e riciclabilità.

E per il restante, minimo, residuo bastano gli impianti di trattamento a freddo, con recupero di materia dal rifiuto.

È la strategia Rifiuti zero, che però viene puntualmente ostacolata da chi gestisce inceneritori e discariche: guarda caso sono le stesse aziende che organizzano la raccolta differenziata, in perfetto conflitto di interessi, e che fanno educazione ambientale a scuola. Ho parlato con ragazzini convinti che l’incenerimento fosse una forma di riciclaggio, che i fumi fossero salutari, e che più bottigliette di plastica usavano e gettavano, meglio facevano all’ambiente.

Ci stiamo davvero bruciando il futuro.

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