Brunello di Montalcino, giro di affari che si aggira sui 170 milioni di euro, lo sfuso più caro d’Italia (893 euro a quintale) con un costo all’ettaro di oltre 500mila euro per i tanti nuovi investitori. Ossia uno dei vini più rinomati al mondo: oltre 9 milioni di bottiglie nel 2016 (che usciranno fa qualche anno, come da disciplinare di produzione) con oltre il 70% della produzione esportata, destino che tocca da decenni ai migliori vini d’Italia. Gli Stati Uniti ormai si accaparrano il 30% del Brunello venduto (il 12% va in Canada), seguiti da Gran Bretagna e Germania e Svizzera, che ammontano insieme al 20%. In salita i paesi asiatici, a cui tocca un 15% dell’intera produzione; centro e sud America, invece, ne accolgono circa un 8%. Il restante 15% va in tutti gli altri mercati, fra cui l’Italia.

Dunque si assiste a un paradosso nel nostro paese: si beve sempre meno vino, ma se ne scrive e parla sempre di più, giacché il numero delle guide vinicole è di nuovo aumentato rispetto a quanto scritto da me anni fa. Si tratta di guide scaltramente in lingua italiana, inette a recensire alcuni dei migliori vini d’Italia, pur avendo la pretensione di decretarne altri come tali ogni anno. Anzi ogni annata. Ciò parrebbe comportare anche un aumento dei critici nostrani, forse per effetto tardivo di una para-divulgazione nazionale. Malgrado poi, considerando i 20 euro di costo medio di una bottiglia di Brunello di Montalcino annata in enoteca, a bere il Brunello sono davvero in pochissimi: presumibilmente quelli che ne scrivono, quando non lo sputano.

Purtuttavia, il Brunello resta un vino delizioso che, nonostante le vicissitudini e i cambiamenti al disciplinare, ha l’obbligo di esser fatto ancora solo col vitigno Sangiovese: da un lato il vitigno più coltivato in Italia, dall’altro lato uno dei pochi capace di dar vita a vini di rara finezza e freschezza che a Montalcino trovano compimento anche in una certa pienezza di corpo. Quest’ultima caratteristica è più facilmente percettibile nella annata 2011 che nella 2012 appena uscita e degustata all’anteprima organizzata dal consorzio. La 2012 infatti è stata un’annata con inverno molto rigido e nevoso, cui è seguita una stagione calda e talora siccitosa (memorabile la settimana di vento caldo ad agosto), a partire dal mese di maggio fino a poco prima della vendemmia, quando c’è stata un poco di pioggia. Da cui una produzione non molto abbandonante (ovviamente per i parametri di Montalcino), ma non per questo imperniata su vini caldi e alcolici, anzi su vini equilibrati: non tutti ancora maturi, ma alquanto fini. Quasi il contrario della annata 2011 insomma.

Prima di procedere nell’elenco dei migliori vini, vorrei menzionare il Toscana IGP 2009 – Case Basse di Soldera: un Brunello non etichettato come tale, ultimo messo in commercio da questa azienda di cui ho più volte scritto che rappresenta senza dubbio un modello per tutto il settore, non solo vitivinicolo. Peraltro uno dei pochi vini italiani ad avere un altissimo posizionamento e prezzo nel mercato del vino. Gianfranco Soldera ha compiuto 80 anni qualche settimana fa, per quanto senta di averne sempre 25, ed è ad oggi senza discepoli putativi.

Brunello di Montalcino: il più caro, il più raro. Ecco qual è il migliore

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