Il congresso per comporre l’assemblea dei 1500
Il regolamento del Pd dice che per essere eletto segretario, un candidato deve aver “riportato la maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea nazionale”. Questo equivale ad ottenere più del 50 per cento dei voti nelle primarie che, come nel 2013, sono “aperte”: possono votare, cioè, anche i non iscritti al Pd, purché versino un contributo di 2 euro al seggio. Il metodo elettorale applicato al Congresso, infatti, è un proporzionale puro con seggi su base regionale (un po’ più grandi di quelli utilizzati fino ad oggi per le elezioni della Camera).

Dopo la prima fase preliminare, che prevede i voti nei circoli fino all’appuntamento della Convenzione nazionale fissato per il 9 aprile, si apre la sfida vera, quella che porta al rinnovo dell’Assemblea nazionale e, dunque, all’elezione del segretario. L’assemblea è un Parlamentino composto da circa 1500 delegati. Il numero totale non è predeterminabile con esattezza perché, oltre ai 1000 componenti rinnovati a ogni Congresso, dell’Assemblea fanno parte anche i segretari regionali e 300 persone scelte dagli elettori nel corso delle Assemblee regionali. C’è poi una delegazione di 100 componenti individuati dai parlamentari nazionali ed europei del Pd e, infine, “un numero variabile di componenti espressione delle candidature alla segreteria nazionale non ammesse alla votazione presso gli elettori”. Si tratta di figure di fiducia dei candidati che non riescono a raccogliere le firme minime necessarie per poter correre alle primarie. In questo caso ce n’è una sola: Carlotta Salerno.

I mille delegati insieme ai segretari regionali saranno tuttavia gli unici a essere sicuramente presenti nelle prime, decisive, sedute dell’Assemblea.

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Congresso Pd, il proporzionale che può fregare Renzi tra voti segreti e possibili traditori. “Obbligato a stravincere”

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