“Equilibrio finanziario raggiunto”. Il tono è positivo, ma dietro c’è un taglio di 5,8 milioni di euro alla cultura, terreno scivoloso della Torino post-Fiat rinata grazie ai grandi eventi. Ieri l’amministrazione M5s guidata da Chiara Appendino ha chiuso il primo bilancio preventivo della legislatura, un bilancio che, per essere approvato definitivamente, dovrà essere vagliato dalle commissioni del consiglio comunale e poi da tutti gli eletti della Sala Rossa. Le contestazioni, quindi, sono appena cominciate soprattutto perché il taglio a questo settore ricorda le polemiche sorte dopo i cartelli con cui, durante la campagna elettorale, la candidata pentastellata contrapponeva la Torino delle code davanti ai musei a quella delle code davanti alle mense dei poveri. Un presagio che nei mesi successivi si è incarnato nella nascita di “Tempo di Libri”, evento milanese rivale del “Salone del Libro”, e poi nell’organizzazione della mostra di Edouard Manet, inizialmente prevista a Torino, nel capoluogo lombardo.

L’equilibro è stato raggiunto – spiega il Comune in una nota – “superando non poche difficoltà” che la nuova amministrazione ha incontrato dal suo insediamento. Da una parte c’era l’impossibilità di utilizzare l’avanzo di bilancio del consuntivo 2016, che nello scorso rendiconto ammontava a quasi 44 milioni di euro. I crediti “di dubbia esigibilità”, quelli vecchi o difficilmente riscuotibili, sono stati ridotti rispetto al passato. Dopo i rilievi della Corte dei conti sui debiti nei confronti di due aziende partecipate, Gtt (trasporti pubblici) e Infra.To (metropolitana e tram), l’amministrazione ha dovuto sborsare 22,3 milioni di euro per mutui accesi in passato, mutui che negli ultimi anni non erano stati sempre saldati (la procura, intanto, indaga sui bilanci passati). Sempre dopo i rilievi della magistratura contabile, la Città ha messo da parte due milioni di euro per creare un fondo di copertura rischi che potrebbero avere i contratti derivati. Insomma, ci sono stati costi maggiori che dovevano essere ripianati e l’amministrazione di Appendino ha voluto farlo senza intaccare le spese per i servizi sociali (il welfare) e per i servizi educativi. Ha ridotto di 30 milioni di euro le spese correnti e di tre milioni i costi del personale, poi ha tagliato le spese in altri capitoli del bilancio, come i 5 milioni di euro necessari per coprire le agevolazioni sul pagamento della Tari (la tassa sui rifiuti) basate sull’Isee, ma – soprattutto – 5,8 milioni di euro di stanziamenti per le iniziative culturali, per un ammontare di circa 18 milioni di euro.

“Le risorse per la cultura purtroppo in questo bilancio previsionale sono inferiori, ma le risorse iscritte sono certe – ha spiegato l’assessore alla cultura Francesca Leon -. L’obiettivo di questa amministrazione è di ripristinare i 5,8 milioni necessari per il settore della cultura”. La Leon, manager arrivata dal settore museale e ideatrice della tessera “Torino Musei” esportata anche in Lombardia, non promette nulla, ma annuncia uno sforzo rivolto “alla ricerca dei fondi necessari al sistema culturale, nella consapevolezza che questo sforzo dovrà andare anche nella direzione di una maggiore capacità collettiva di affrontare le difficoltà economiche di oggi costruendo modelli e visioni diversi per il futuro”. Modelli e visioni diversi, forse, da quelli della giunta di Piero Fassino: lui per trovare sponsor privati destinati ai grandi eventi aveva ideato la Fondazione per la cultura che Appendino vuole chiudere.

I tagli preoccupano l’assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi, secondo la quale c’è il rischio “di mettere a repentaglio il sistema culturale torinese e gli enti più colpiti da queste misure, con possibili conseguenze sui livelli occupazionali”. Lei spera quindi che “il dato emerso oggi costituisca solo una fase e che il Comune di Torino riesco a reperire le risorse necessarie per mantenere il più possibile i livelli di finanziamento degli anni passati”.

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