Marzo la dice lunga su chi sale e chi scende in tv perché siamo nel pieno del “periodo di garanzia”, quando i canali televisivi esibiscono le audience che nell’autunno successivo faranno lievitare o ammosciare le tariffe degli spot e quindi i ricavi dei broadcaster.

Marzo del 2017 sta segnando, per ora, un buon successo della RAI che nel prime time, grazie alla buona tenuta dei tre canali maggiori e al piglio nuovo assunto dai canaletti sperduti nel telecomando dal 10 in su, guadagna 1 punto in percentuale (in soldoni l’equivalente di qualche decina di milioni di euro).

Vanno male, anzi malissimo, Mediaset che perde quasi 4 punti di share, e cioè 1 spettatore ogni dieci, e La7 in proporzione va anche peggio perché le manca uno spettatore ogni sette (il talent dei comici che non fanno ridere e la cronaca solipsistica di Telese e Costamagna gravano sul risultato). I cali, nei vasi comunicanti dell’ascolto, si traducono ovviamente in aumenti oltre che della Rai anche e specialmente dei nuovi entrati, ovvero TV8 di Murdoch e Nove di Discovery.

Mentre i suddetti si confrontano, si deprimono e si azzuffano sula zattera della tv, le acque dell’audience sotto di loro si sono abbassate. Gli spettatori infatti (compresi quelli della pay tv e delle tv locali) sono diminuiti di oltre due milioni (2,264mila, per la precisione) calando in due anni dai 28,6 milioni del 2015 ai 26,3 milioni del 2017. Il che vuol dire che a marzo il valore pubblicitario dell’intera tv sta diminuendo di circa l’8%.

Cosa determina questa fuga dalla tv? In parte, probabilmente la possiamo attribuire a quelli che pur restando a casa si appartano in compagnia dello smartphone, in cerca di chicche da segnalare sui social network o semplicemente impegnati in interminabili diatribe di argomento vario, dal calcio alla politica. Un’ipotesi che parrebbe confermata dal fatto che fra i giovani (maschi e femmine fino ai 44 anni) la percentuale degli abbandoni della tv è parecchio più elevata che nelle classi di età maggiori. Ma i numeri ci dicono che ampi deflussi si sono verificati anche fra maturi e anziani (tranne, unico caso, le signore dai 65 anni in su) assai meno usi a connettersi e chattare.

E qui i casi sono due: o questi assenti dalla tv se ne sono andati a dormire prima del solito, oppure passano fuori casa, fra donne e champagne – come dice l’olandese Dijsselbloem che con i suoi elettori gioca al leghista a spese nostre – o più probabilmente al cinema o al ristorante, molte più sere che due anni fa. Il che, contro-intuitivamente rispetto a quel che narrano i media, indurrebbe a pensare a un qualche sostanziale miglioramento della situazione economica. Perché ci sono più cose fra cielo e terra di quante l’Istat possa misurarne. Specie nella patria del soldo in nero.

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La tv perde, il cinema guadagna. Ma non è detto che sia un bene (o un male) per tutti

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