“Ci vuole una rivolta culturale, sociale ed etica nel nostro Paese. Sennò non ne usciamo fuori”. Don Luigi Ciotti reagisce così alle scritte offensive trovate ieri mattina a Locri dopo la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Mi dispiace per gli sbirri – afferma il fondatore di Libera a margine della Giornata della Memoria delle vittime della mafia – Oggi anch’io sono uno sbirro, perché qui ricordiamo il nome di tanti uomini che hanno perso la vita per quello che hanno fatto. Dobbiamo parlare dell’intreccio tra criminalità economica e politica. Oggi più che mai la corruzione e le mafie sono le due facce della stessa medaglia”. Anche il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho si è soffermato sull’episodio delle scritte “Meno sbirri più lavoro” sul muro del vescovado di Locri. “È l’ennesima truffa alla gente e a coloro che leggono le scritte. Il lavoro manca perché l’ha tolto la ‘ndrangheta che si è assunto il monopolio delle imprese. Non so se verrà provata processualmente e giudiziariamente la matrice ‘ndranghetista del gesto. Ma l’importante è che esistano delle persone che si sentono legate a un contesto ‘ndranghetista, anche se incensurate”. Quelle scritte, secondo Maria Falcone, sorella del magistrato  di Palermo Giovanni ucciso nel 93, sono la dimostrazione che la “mafia è disturbata da questa presenza dei cittadini e vuole riappropriarsi di un territorio dove spadroneggia”.

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