Giuseppe e Salvatore Asta erano gemelli. “Uno chiaro e ricciuto, l’altro con un folto caschetto scuro”. Avevano anche una sorella, Margherita, più grande. Bambini come tanti altri, fortunati perché vivevano a Erice, una splendida città vicino al mare. Purtroppo in un’isola dove coloro che combattono la mafia, che fanno semplicemente il loro lavoro vivono protetti dagli uomini della scorta. Il 2 aprile del 1985 Giuseppe e Salvatore stavano andando a scuola in auto con la mamma. Durante il tragitto, l’utilitaria ha incrociato la macchina del sostituto procuratore di Trapani Carlo Palermo, che si trovava nella città siciliana da cinquanta giorni e aveva già ricevuto diverse minacce. Erano da poco passate le 8.03 quando le macchine del magistrato e della sua scorta sfrecciavano per il rettilineo di Pizzolungo. Un attimo, un click ed esplose un’autobomba posizionata sul ciglio della strada che da Pizzolungo conduce a Trapani. L’utilitaria fece da scudo all’auto del sostituto procuratore che rimase solo ferito. Nell’esplosione morirono invece dilaniati la donna e i due bambini. Avevano 6 anni.

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Giornata vittime delle mafie, da Dodò ai gemelli Asta: 9 storie di bambini uccisi da Cosa Nostra raccontate da don Ciotti

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Locri in piazza contro la mafia. Ma giovani e vecchi non parlano la stessa lingua: “‘Ndrangheta? Lei che ne sa?”

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