“Amore per mia moglie e follia per quanto è successo in quel momento, per il grande dolore che avevo in quel periodo. Sono pentito e dispiaciuto per quanto ho fatto”. Fabio Di Lello si è rivolto così ai giudici della Corte d’Assise di Lanciano che dovranno decidere se per l’omicidio di Italo D’Elisa, il 22enne che aveva investito e ucciso la moglie, merita il fine pena mai. Ergastolo è infatti la richiesta di condanna a conclusione della requisitoria del procuratore di Vasto, Giampiero Di Florio e del sostituto Gabriella De Lucia. L’imputato deve rispondere dell’omicidio volontario e premeditato avvenuto lo scorso primo febbraio davanti ad un bar. Di Lello sparò tre colpi con una pistola calibro 9, regolarmente detenuta, contro la vittima per vendicare la morte di Roberta Smargiassi e poi andò al cimitero a lasciare l’arma sulla tomba.

“Non c’è una ricostruzione alternativa dei fatti, abbiamo dimostrato le prove evidenti sulla premeditazione” ha affermato Di Florio. Alla Corte d’Assise è stato chiesto di non concedere le attenuanti generiche. “Fabio Di Lello non è stato avvertito da alcuno quando Italo D’Elisa è giunto al bar. Di Lello conosceva le abitudini di vita del giovane ucciso. Oggi abbiamo ricostruito l’intero fatto, con slide e video, e riteniamo non si possa trovare la provocazione e la minorata difesa. Si vede anche il momento in cui Di Lello spara a D’Elisa”. La difesa, invece, respinge la tesi della premeditazione che in un caso del genere può fare la differenza tra l’ergastolo e 30 anni: “Di Lello ha parlato per far capire alla corte cosa provava in quel momento – hanno detto i difensori Giovanni Cerella e Pierpaolo Andreoni -. Non c’è stata nessuna premeditazione da parte di Di Lello che ha incontrato D’Elisa in modo casuale”. Il processo è stato quindi aggiornato al 24 marzo alle 10 per le repliche e la sentenza.

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