Il Quirinale chiede conto a Poste Italiane del caso di mobbing su Alessandro Carollo. E’ una normale procedura, seguita alla presentazione di un’istanza al presidente della Repubblica Sergio Mattarella da parte dello stesso Carollo. Se non fosse che di normale nella storia dell’ispettore siciliano delle Poste non c’è un bel niente. Ad iniziare dal lavoro svolto per sette anni nella divisione palermitana antifrode (fraud management) del gruppo durante la gestione dell’ad Massimo Sarmi, oggi ai vertici della Milano Serravalle.

Sono anni intensi per Carollo che conclude in Sicilia circa 300 inchieste sfociate in decine di licenziamenti e procedimenti. L’ispettore siciliano svela un traffico di droga via spedizioni postali e mette a nudo un sistema clientelare di assunzioni nelle Poste gestito dai sindacati siciliani. Più le inchieste aumentano, più per lui, che vive con la famiglia a Bagheria, la vita diventa difficile. Intimidazioni, lettere anonime, auto bruciata e tentativi di denigrazione entrano a far parte della vita quotidiana della famiglia. Finché un giorno, Carollo non si imbatte in una enorme frode nei servizi postali privati. Dalle sue segnalazioni nasce l’inchiesta giudiziaria, Lost pay, in cui emerge che la società Servizi postali truffa i clienti intascando i soldi delle bollette senza riversarli alle aziende fornitrici dei servizi. Le cifre della frode sono impressionanti: un milione di danni, 976 persone offese e 1591 capi d’accusa. Per il lavoro svolto e la collaborazione con le forze dell’ordine, Carollo riceve encomi e ringraziamenti dai Carabinieri delle stazioni di diversi angoli del Paese.

Ma ben presto l’ispettore paga in prima persona la forza dirompente dell’indagine che travolge il titolare della Servizi postali, Nunzio Giangrande, già noto alle forze dell’ordine. Poco dopo l’inchiesta Lost Pay, Carollo viene allontanato dal nucleo antifrode di Poste. “Il 4 aprile 2013 sono stato annientato: esposto al “pubblico ludibrio“, offeso ed umiliato da persone che disconoscono i concetti di lealtà, onestà ma che, al contrario, hanno sostenuto (e foraggiato) l’annientamento ricorrendo alla creazione di “storie fantastiche” trincerandosi dietro l’anonimato” scrive l’ex ispettore nella lettera inviata il 4 gennaio 2017 al presidente Mattarella. “Ho ricevuto la solidarietà solo degli onorevoli Ivan Catalano (Civici e innovatori) e Franco Ribaudo (PD) e dal caro amico Manfredi Borsellino: il mio datore di lavoro, Poste Italiane, nulla. Anzi, dal mese di marzo 2014 al marzo 2015, ho vissuto in uno sgabuzzino, maleodorante, senza far nulla e deriso da tutti (anche da coloro sottoposti a procedimenti penali)”, prosegue nella missiva descrivendo il mobbing subito da un’azienda ancora oggi a capitale prevalentemente pubblico.

Per Carollo la pressione è insostenibile e si trasforma in malattia, depressione, ansia. Fortunatamente dopo tre anni l’ex ispettore riesce a uscirne. Ma “le ferite del vile gesto sono profonde, dal dolore, oggi più che mai lancinante” prosegue spiegando che, solo dopo l’uscita di Sarmi, è riuscito ad ottenere un trasferimento. Dove? Al call center delle Poste di Palermo. “Non prima che qualcheduno, di altissimo livello, così sentenziasse: “…l’ispettore Carollo non esiste più…altrimenti dovremmo fare altri ragionamenti…”” si legge nella lettera a Mattarella. Da allora, in tanti, dentro e fuori le Poste di Palermo, lo hanno ribattezzato “il centralinista”, un nomignolo che vuole rimarcare come l’ispettore non esista più. Per Carollo, che interpellato dal fattoquotidiano.it non ha voluto rilasciare dichiarazioni, è l’ennesima beffa. Chi gli sta vicino sa che da allora non passa giorno in cui l’ex ispettore non si ripeta la stessa domanda: possibile che un investigatore onesto non debba esistere più? Il suo più grande desiderio è parlare di persona con i vertici del gruppo dove lavora e raccontare cosa sta succedendo laggiù in Sicilia.

Alle Poste però ritengono di aver già fatto tutto il possibile per Carollo. Interpellata dal fattoquotidiano.it, l’azienda ha ricordato come “il giudizio di urgenza attivato dal dottor Carollo per contestare la decisione di Poste Italiane che lo ha assegnato in staff alla filiale di Palermo, sollevandolo dall’attività di ispezione, sia stato rigettato dal Tribunale di Palermo, con condanna alle spese di lite per il ricorrente”. Inoltre il gruppo ha sottolineato come “il tribunale non solamente ha giudicato legittimo l’operato di Poste Italiane, ma anzi ne ha evidenziato l’opportunità in quanto volto ad “evitare al lavoratore un paventato grave danno (il più grave possibile) alla sua integrità fisica a causa dell’attività lavorativa espletata””. Senza contare che il nuovo incarico di responsabile del Contact Center di Palermo “ha riconosciuto al Dottor Carollo un livello superiore di inquadramento” e che “alla luce delle vicende aziendali che lo hanno riguardato”, Poste “non considera praticabile il suo rientro in ambiti professionali connessi con l’attività ispettiva”.

Ma Carollo non ha intenzione di arrendersi. Ecco perché ha deciso di rivolgersi a Mattarella nell’intento di ripristinare “quella dignità che mi è stata strappata manu militari per aver operato nell’assoluta legalità”. Un’ultima speranza in “un aberrante e assordante silenzio, che comprende anche il dottor Matteo Renzi destinatario di decine di richieste di aiuto”. Per tornare a testa alta a lavorare sul campo in Sicilia, dove chi ha il coraggio di denunciare e battersi per l’onestà va difeso e tutelato dallo Stato. Soprattutto quando di mezzo c’è l’operato di un’azienda pubblica per la quale, sul caso Lost Pay, il deputato Ivan Catalano ha chiesto, invano, una Commissione d’inchiesta con una proposta di legge depositata il 14 maggio 2014 e finora non ancora calendarizzata.

Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione:

Il sottoscritto Giangrande Nunzio, già titolare della ditta Servizi Postali nel contestare il contenuto dell’articolo anzidetto, in quanto, nelle parti in cui è fatto riferimento allo stesso – di seguito evidenziate – è del tutto infondato ed inveritiero, precisa quanto segue.
Non veritiere sono le seguenti espressioni contenute nella sintesi dell’articolo in cui si legge, tra l’altro: “Dal suo lavoro è nata l’inchiesta Lost pay, che ha fatto emergere come la società privata Servizi postali intascasse i soldi delle bollette senza riversali alle aziende fornitrici. …omissis” e nel corpo dell’articolo, laddove si legge “Finché un giorno Carollo non si imbatte in una enorme frode nei servizi postali privati. Dalle sue segnalazioni nasce l’inchiesta giudiziaria, Lost pay, in cui emerge che la società Servizi postali truffa i clienti. …omissis” ed ancora “Ma ben presto l’ispettore paga in prima persona la forza dirompente dell’indagine che travolge il titolare della Servizi postali, Nunzio Giangrande, già noto alle forze dell’ordine”.
Invero, i fatti, le responsabilità (di diversa natura) ed i soggetti responsabili in relazione alle vicende cui viene fatto riferimento nell’articolo, diversamente da quanto ivi affermato o comunque lasciato intendere, non hanno, ad oggi, formato oggetto di alcuna pronuncia giudiziaria e neppure è stato disposto giudizio.
Si tratta, quindi, di circostanze e vicende in ordine alle quali deve essere ancora accertata la verità nell’ambito dei procedimenti pendenti e le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, ivi compreso l’ispettore Alessandro Carollo.
Del tutto lesiva e inveritiera è anche la locuzione “già noto alle forze dell’ordine” riferita allo scrivente.

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