Mi ha sempre dato fastidio il termine “furbetti del cartellino” per definire dei veri e propri ladri che rubano allo Stato il lavoro che dovrebbero svolgere.

Nella mia attività professionale ho incontrato due persone che mi hanno raccontato di esercitare questo latrocinio. Da quello che ho capito la struttura psicologica di queste persone è orientata a un nichilismo estremo collegato e derivante dalla vulgata dei talk show per cui “tutte le istituzioni sono occupate da ladri” e “tutti i responsabili degli uffici devono essere mandati a casa!”. Partendo da questo presupposto il ladro del cartellino argomenta dentro di sé che, visto che l’ente pubblico in cui lavora fa schifo, lui è sprecato in quel ruolo. L’istituzione pubblica dovrebbe riconoscere le sue qualità e valorizzarlo riconoscendo che lui è il migliore. Visto che però la corrotta dirigenza non lo promuove e non lo blandisce il futuro ladro del cartellino arriva alla convinzione di essere sprecato per quel posto e, soprattutto, di essere sottopagato.

Il furbetto allora ritiene come doveroso risarcimento quello di non sprecare il suo prezioso tempo in una istituzione inadeguata. Per questo non si sente assolutamente in colpa in quanto, accecato dalla sua eccessiva autostima individuale, rispetto alla disistima per l’istituzione in cui lavora, ritiene di fare anche troppo nelle ore che dedica, bontà sua, al lavoro. La struttura psicologica è quella tipica del bambino che esprime rivendicazioni continue rispetto alla figura paterna.

Alla fine come emerge dalla mia sommaria descrizione nei casi da me valutati non si tratta di persone che erano consapevoli di esercitare un furto ma piuttosto di individui che ritenevano giusto comportarsi da “furbi” perché in Italia non c’è alternativa. Dopo la terapia, per quanto mi risulta,  hanno smesso di rubare in quanto maggiormente consapevoli che l’autostima vera deriva dal confrontarsi positivamente con il proprio lavoro senza denigrare le istituzioni.

Suggerirei di apostrofare nei mezzi di informazione costoro col termine di “ladri del cartellino” perché con questa definizione scomparirebbe l’idea di essere disonesti ma furbi, tipica consolazione di tanti, per fare emergere il reale squallore di questo comportamento.

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