La delibera 60, norma criminogena
In realtà Gianni Alemanno aveva già fatto un prima delibera a favore delle cooperative sociali, la delibera 60, una delle norme definite “criminogene” dal magistrato Alfonso Sabella nell’epoca della sua partecipazione alla giunta di Ignazio Marino. “In realtà quella delibera non è stata mai applicata – ha spiegato Buzzi – se non per lo 0,20 per mille dei fondi della spesa corrente! Nulla!”. In pochi mesi le cose cambiano. Da Ama arrivano i primi contratti per 5 milioni di euro. Buzzi non ha difficoltà nell’ammettere il versamento di vere e proprie tangenti a Franco Panzironi, all’epoca amministratore delegato Ama. A lui a alla fondazione che lo vedeva impegnato insieme ad Alemanno. Una cifra complessiva di poco meno di 500mila euro, con una parte da 250mila in nero. Rate ricostruite nei minimi dettagli da Salvatore Buzzi e in parte riscontrabili anche nella contabilità presentata dai suoi legali nel corso dell’udienza. Franco Panzironi – dopo la deposizione – chiede la parola e annuncia una querela nei confronti di Salvatore Buzzi. E Alemanno? “Mi ha chiesto i soldi, sempre in chiaro (legalmente, ndr) solo tre volte. Una volta come contributo elettorale, un’altra per una cena. Non me li ha mai chiesti in nero”, assicura Buzzi. Per poi specificare: “Sulla fondazione non so dire nulla, non lo so per chi erano i soldi che versavo… Io non posso interloquire su questo”.

“Di lotta e di governo”
“Signor presidente, alla fine noi eravamo di lotta e di governo: con Ama pagavamo le tangenti ed eravamo di governo, con i giardini (la manutenzione del verde pubblico, ndr) eravamo di lotta… all’epoca di Alemanno funzionava così per noi”, racconta Buzzi con un certo sarcasmo. Non spiega, però, dove collocare Massimo Carminati, l’amico che ritrova dopo i trent’anni in un bar all’Eur, grazie all’intervento dell’amministratore dell’ente Eur: “Me lo hanno presentato. Vengo chiamato da Pucci o Mancini, il 14 settembre 2011, per andare all’Eur. In tutta questa situazione con Alemanno, per fortuna c’era Mancini. Lo avevo conosciuto in carcere, come Pucci”. Tutti personaggi della Roma nera che il patron delle coop aveva incontrato proprio a Rebibbia negli anni ‘80, quando era detenuto per un omicidio. A lui, comunista, lo misero nel reparto dei detenuti neofascisti “per farmi un dispetto”, aveva raccontato già all’inizio della sua deposizione.

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Mafia Capitale, la verità di Buzzi: “Io e Carminati come Totò e Peppino. Le tangenti? Eravamo di lotta e di governo”

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