No ai voti in numeri e alla bocciatura alla scuola del primo ciclo, no all’esito delle prove Invalsi nel curriculum dello studente della scuola superiore e un secco no anche alla scuola alternanza lavoro come requisito necessario per l’ammissione alla maturità. Il parere della settima commissione del Senato relativo allo schema di decreto sul tema della valutazione, chiede un deciso passo indietro alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.

Le dieci pagine trasmesse in queste ore in viale Trastevere dalla commissione che a Palazzo Madama si occupa di Istruzione non nascondono perplessità su vari fronti della proposta uscita dal consiglio dei ministri in più punti. Il primo è quello della questione della bocciatura alla scuola primaria. Nella bozza esaminata, dopo che l’ex ministro Stefania Giannini aveva manifestato l’intenzione di togliere la non ammissione alle elementari, la bocciatura era tornata con la seguente dicitura: “I docenti della classe in sede di scrutinio, con decisione assunta all’unanimità, possono non ammettere l’alunno alla classe successiva solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione”. Le tre righe non hanno soddisfatto i membri della commissione che nel parere chiedono di inserire altri due commi che ribaltano la filosofia della Fedeli. Nel primo si cita che “gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe di scuola secondaria di primo grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”. Nel secondo si vincola ancor più la scuola a non fermare nessuno ma a darsi da fare nei confronti di chi manifesta ritardi: “Nel caso in cui le valutazioni periodiche o finali degli alunni indichino livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione, l’istituzione scolastica nell’ambito dell’autonomia didattica e organizzativa, attiva specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento”.

Un’impostazione diversa da quella della bozza di decreto: “Nella scuola primaria – spiega la senatrice Francesca Puglisi, relatrice e responsabile scuola del Partito Democratico – è importante rispettare i tempi di apprendimento di ciascun bambino per accompagnarlo davvero al successo formativo. La bocciatura tout court è insensata. Potrebbe essere ipotizzabile solo se c’è un accordo con la famiglia per aumentare il grado di sicurezza, magari, nel passaggio all’ordine di scuola successivo. Devono restare casi rari. Il concetto di eccezionalità previsto nel decreto lo abbiamo voluto sottolineare inserendo questi due commi con i quali ribadiamo il fatto che la scuola si deve adoperare per garantire ai bambini il recupero dei livelli di apprendimento”.

Netta la bocciatura anche nei confronti dei voti numerici. La commissione in questo caso chiede alla Fedeli di far sparire i voti numerici per sostituirli con “una votazione espressa in cinque livelli di apprendimento identificati con lettere o aggettivi descrittivi in un’apposita rubrica”. Insomma si torni all’ “A-B-C-D-E” o all’ “Ottimo, buono, discreto, sufficiente e scarso” ma con tanto di motivazione scritta dall’insegnante.  Restando in tema di voti le dieci pagine chiedono di fare retromarcia anche sulla questione dell’Invalsi: “Bene l’obbligatorietà della partecipazione alle prove per l’accesso all’esame di Stato ma riteniamo che debbano essere fatte all’inizio dell’anno scolastico e che il voto non debba entrare nel curriculum dello studente. Come stabilisce il Dpr 80 queste prove devono servire alla scuola come strumento per verificare che la propria didattica sia davvero efficace”, spiega la Puglisi.

In concreto nel testo firmato dai senatori si chiede di “sopprimere” i commi 3 e 5 dell’articolo 21 dove si prevedeva che “l’esito delle prove Invalsi sostenute nell’ultimo anno” fosse “riportato all’interno del curriculum dello studente” e considerato anche dalle Università “per l’accesso ai percorsi accademici”.  Ma non basta. La penna rossa di chi siede a palazzo Madama ha colpito anche sulla questione scuola alternanza–lavoro. Il ministero, infatti, aveva previsto all’articolo 15 di considerare questa esperienza un titolo necessario per essere ammessi alla maturità ma la commissione, rendendosi conto che non in tutto il Paese è possibile effettuare l’attività prevista dalla Legge 107, ha “invitato il Governo a valutare l’opportunità di considerare lo svolgimento dell’alternanza scuola lavoro quale requisito di ammissione”.

Infine una vittoria anche per le associazioni delle famiglie di disabili. La bozza di decreto aveva parlato di “prove non equipollenti a quelle ordinarie” in merito all’esame di terza media ma la commissione ha cancellato questo termine. “Credo vi sia stato un problema di scrittura da parte del ministero. Abbiamo ripristinato tutte le equivalenze. Anche se vengono usate prove equipollenti, l’esame di terza media deve valere alla pari di quello dei compagni di classe. Siamo all’avanguardia e non dobbiamo fare passi indietro”, dice Puglisi.  Ora la palla passa alla ministra Fedeli che dovrebbe tenere in considerazione il lavoro fatto dalle commissioni.

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