Zonaeuro

Elezioni Olanda, affluenza all’82%. I liberali di Rutte vincono. I populisti di Wilders non sfondano

I liberali di destra del premier sembrano avviati a vincere largamente le consultazioni sgonfiando l’incubo di un’ascesa dei populisti islamofobi e anti-Ue di Geert Wilders, fino a qualche settimana fa in testa ai sondaggi. Da registrare il balzo dei Verdi e il crollo dei Laburisti

Ci credeva Geert Wilders in una vittoria, anche perché in sondaggi davano i principali candidati molto vicini. Invece, stando ai primi exit pool, i liberali di destra Mark Rutte sembrano avviati a vincere largamente le elezioni in Olanda sgonfiando l’incubo di un’ascesa dei populisti islamofobi e anti-Ue, fino a qualche settimana fa in testa ai sondaggi.
L’affluenza, record, è stata dell’82%. Al risultato, che dimostra che la diga europea può tenere davanti allo tsunami del populismo nato dalla Brexit, rafforzato dall’elezione di Trump, sobillato da Putin e – nella sua versione più aggressiva – interpretato da Erdogan, si è arrivati con una campagna elettorale dominata dall’agenda di Wilders. Che solo tre mesi fa era stato condannato per incitamento all’odio per le parole pronunciate durante un discorso.

E Wilders ringrazia: “Rutte non mi ha fatto fuori”
Gli exit poll assegnano ai liberali di destra (Vvd) 31 seggi, mentre i populisti islamofobi e anti-Ue di Geert Wilders (Pvv) sono secondi con 19 seggi assieme ai democristiani (Cda) e ai liberali di sinistra D66. C’è anche stato un balzo da record per i Verdi del GroenLinks e il crollo dei laburisti della Pvda. I democristiani della cda ed i liberali-progressisti del D66 (tutti a 19), gli ecologisti arriverebbero a 16 come quinta forza, mentre il Pvda scenderebbe ad appena 9, ampiamente superato dai socialisti radicali (14). Pur perdendo 10 seggi rispetto alle elezioni del 2012 infatti, il Vvd di Rutte si aggiudica 31 dei 150 seggi in palio nella Camera Bassa degli Stati Generali d’Olanda (la denominazione ufficiale del Parlamento), l’unica a suffragio universale, mentre nel Senato siedono i rappresentanti delle assemblee provinciali. Al Pvv di Wilders vanno 19 seggi (+4 rispetto al 2012): è comunque il secondo partito, sempre secondo gli exit poll, assieme ai democristiani del Cda e ai liberali di sinistra del D66, che vantano un identico bottino di seggi.

Gli elettori “ci hanno dato ancora fiducia” esultano i responsabili della campagna elettorale del premier. E anche Wilders ringrazia: “Grazie agli elettori del Pvv! Abbiamo guadagnato seggi, il primo obiettivo è raggiunto. E Rutte non mi ha fatto fuori”. “Wilders non è stato in grado di vincere le elezioni in Olanda. Sono sollevato, ma dobbiamo – twitta il candidato cancelliere tedesco per i socialdemocratici (Spd) Martin Schulz – continuare a combattere per un’Europa aperta e libera”. “No #Nexit. La destra anti Ue ha perso le elezioni in Olanda. Impegno comune per cambiare e rilanciare l’Unione” scrive su Twitter il premier Paolo Gentiloni. Jean Claude Juncker ha telefonato al premier Mark Rutte e si è “congratulato per la netta vittoria” dicendo che quello olandese è stato “un voto per l’Europa, un voto contro gli estremisti”.

Il populista con la nonna indonesiana che vuole cancellare l’Ue
I populisti non hanno vinto, ma “comunque vada, il genio della lampada del populismo non potrà rientrare nella lanterna”, aveva avvertito il platinato leader del Pvv nazionalista davanti ai cameraman e ai fotografi di mezzo mondo, convocati per immortalare il suo voto alle 9 del mattino in una scuola della periferia occidentale dell’Aja. Stesso slogan lanciato da Nigel Farage dopo la Brexit. Il 53enne di Venlo, con nonna indonesiana che vuole cacciare “la feccia marocchina” dal paese (come detto un mese fa in apertura di campagna a Spijkenisse, cittadina satellite a ovest di Rotterdam) vive sotto scorta da oltre 10 anni. In una delle sue ultime dichiarazioni avevano preannunciato la sparizione di Euro e Ue, ma forse non è ancora arrivato il momento.

Per tentare l’assalto al governo ha presentato un programma di una sola pagina. “L’Olanda è la nostra terra”, il titolo di sapore trumpiano. Nei 12 punti: bando del Corano, chiusura delle moschee, chiusura delle frontiere, dei centri di asilo, uscita dalla Ue (quindi anche dall’euro), oltre a misure acchiappa-voti come la riduzione degli affitti e l’eliminazione degli eccessi della sanità pubblica. Ma proprio il primo mese del tycoon americano alla Casa Bianca (con cui si dice condivida finanziamenti da Israele e dalla destra ebraica americana) ha apparentemente gelato la maggioranza degli olandesi. Dato per primo partito nei sondaggi, nell’ultimo mese è stato rimontato e ampiamente superato dal Vvd del premier uscente.

L’amarezza del Labour: “Un graffio sulla nostra anima”
Ad uscire con le ossa rotte nello scontro tra il centrodestra europeista e il populismo di Wilders – che già nel 2012 aveva lanciato un sito anti immigrati – è stato comunque il Labour, il partito socialdemocratico del primo vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans e del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem che aveva fatto coalizione a due con Rutte nel governo uscente che ha risanato l’economia del paese. “Un colpo durissimo, un graffio sulla nostra anima” dice Sharon Dijksma, la leader della campagna laburista – È veramente troppo presto per dire qualcosa. Evidentemente non siamo stati capaci di convincere gli elettori con le nostre politiche sociali ed i nostri programmi”. Vincitori alternativi: i Verdi del GroenLink portati da Jesse Klaver, il trentenne ‘Trudeau d’Olanda, al record. E la sinistra premiata dagli islamici che hanno paura di essere cacciati. Il partito ecologista olandese accreditato di 16 seggi, secondo gli exit poll, avrebbe quadruplicato il suo risultato rispetto a cinque anni fa e soprattutto – con i laburisti del Pvda quasi annientati a soli 9 eletti e con i socialisti radicali dello Sp a 14 – il partito dei Verdi sarebbe così il primo partito della sinistra per la prima volta nella storia della politica ‘orange’.

Lo scontro diplomatico dell’Olanda con la Turchia ha favorito Rutte
A mettere il turbo alla rimonta del premier uscente, lo scontro con la Turchia nell’ultimo weekend di campagna. Rutte ha potuto vestire i panni del grande statista nella ferma ma misurata reazione alle furibonde accuse del presidente Recep Tayyip Erdogan che, dopo aver dato della ‘nazista’ alla Germania della Merkel, ha accusato l’Olanda di essere stata responsabile del massacro di Srebrenica (compiuto dal serbo Mladic, che aveva accerchiato i caschi blu olandesi, privi di armi pesanti). Già prima che cominciasse la fase finale della campagna elettorale, tutti i partiti principali hanno ‘sterilizzato’ Wilders, escludendo di poter fare coalizioni di governo col Pvv (che invece per i primi due anni dell’ultima legislatura aveva dato l’appoggio esterno a Rutte). Ora l’Europa tira un sospiro di sollievo. Rutte aveva definito il voto i quarti di finale della partita contro il populismo, prima della semifinale in Francia e della finale con la Germania. Il premier si riconferma candidato al terzo mandato, ma ha davanti mesi di trattative per formare una coalizione di governo.