di Carblogger

Carlos Tavares, numero uno del gruppo Psa (Peugeot Citroen DS), ha spiegato con chiarezza l’acquisizione di Opel: per ridurre i costi di un’auto vanno aumentati i volumi di produzione. Risparmiando nel pagare i fornitori in cambio di una richiesta maggiore dello stesso prodotto. Economie di scala.

E’ una visione di business da manuale, con cui Tavares dovrebbe recuperare nel breve termine l’1,3 miliardi di euro spesi per l’azienda Opel, davvero quattro soldi se è vero che lo sviluppo di un singolo prodotto nuovo, dalla A alla Z, può richiedere l’investimento di un miliardo. Del resto era Keynes a dire che “nel lungo termine siamo tutti morti”.

Il blitz di Tavares continua tuttavia a non appassionarmi: vedo nell’operazione sovrapposizioni di modelli, un eurocentrismo a una sola velocità, un’auto troppo carolingia fra Francia e Germania che domani potrebbe non reggere in mancanza di un imperatore assoluto. Ma anche se Tavares non porterà la capitale di Psa-Opel ad Aquisgrana, per Opel sarà meglio averla a Parigi che a Detroit. Meglio – come mi ha detto gente di Opel – “stare con qualcuno che ti vuole bene che con qualcuno che non te ne vuole più”.

Tavares, certo, ha fatto bene a cogliere l’occasione, come qui ha sottolineato Lepouquitousse, che l’ha brillantemente definita uno “spariglio”. Psa è uscita dall’isolamento di vendere poco più di 3 milioni di veicoli l’anno che sono pochi per continuare a restare soli, Gm ha svenduto un business in perdita che ha dimostrato di non saper gestire, Opel ha affermato il diritto di poter riscrivere a quattro mani la sua storia recente, di zucca o carrozza.

Nota a margine: per Psa-Opel, Tavares ha detto di aver rassicurato in qualche modo i governi e i sindacati e dunque i lavoratori di Germania e Gran Bretagna, ma non di Spagna, dove pure Psa ha due fabbriche e Opel una. Anche l’Europa di Carlo Magno si fermava alla Catalogna. Brutto segno.

@carblogger_it

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