Mentre il figlio Tommaso Nugnes è atteso oggi al Lingotto, ospite di Matteo Renzi, anche Repubblicail Messaggero e l’agenzia Ansa, dopo il Giornale, questa mattina sposano acriticamente la versione renziana del suicidio dell’ex assessore Pd di Napoli Giorgio Nugnes per usarla contro i magistrati che indagano sulle tangenti in Consip e sul Giglio Magico, e per accusarli di protagonismo e giustizialismo. “Basta gogne mediatiche”, titola Repubblica, che scrive: “Era assessore della giunta Jervolino, a Napoli. Fu arrestato in un’indagine che coinvolgeva Alfredo Romeo, lo stesso imprenditore oggi in carcere per la Consip. Romeo, per quella vicenda, fu assolto. Ma Giorgio Nugnes si era già suicidato”. Nugnes non fu mai arrestato per Romeo, era sotto misura cautelare per un’altra indagine sui disordini antidiscarica di Pianura.

Gli arresti per Global Service, la delibera che secondo la Procura napoletana stava per essere cucita su misura per gli interessi di Romeo, sarebbero scattati il 17 dicembre 2008, tre settimane dopo il suicidio dell’ex assessore. Il Messaggero rincara la dose: “Nugnes si impiccò da innocente. E tale sarebbe rimasto”. Ricordando l’esito del processo Global Service. Non una parola su quello per gli scontri di Pianura, in cui sono stati condannati tutti i protagonisti della vicenda. Ieri il Giornale ha messo in pagina: “L’inchiesta (Global Sevice, ndr), come è noto, finì nel nulla, ma nel frattempo l’assessore sbattuto come un mostro in prima pagina si era tolto la vita. Non una parola di scuse arrivò da chi lo aveva perseguito”. Fu sbattuto in prima pagina per l’arresto con le accuse di devastazione a Pianura. Global Service era ancora lontana. Tutti in coda appresso a Renzi che a Porta a Porta dice: “Romeo dieci anni si è fatto due mesi di carcere (furono 79 giorni, ndr) e poi gli hanno detto che era innocente. Ma l’assessore Nugnes si è suicidato”. “Suicidato per la nostra inchiesta? Non è vero, mai provato – replica l’allora procuratore capo di Napoli Giandomenico Lepore – Nugnes non era ancora stato toccato dalle indagini di Global Service. Fu aperta un’inchiesta per istigazione al suicidio sul sospetto che fosse stato avvertito da una fuga di notizie, ma non trovammo niente e fu archiviata”.

Con il rispetto e il dolore che si deve alla tragica scelta di Nugnes, è necessario fare un’operazione verità rispetto alle circostanze in cui quel suicidio maturò. E smontare alcune totali inesattezze. Quando Nugnes si toglie la vita sa di essere sotto indagine, è vero. Ma non per Global Service (covava una richiesta di arresto, eseguita 18 giorni dopo, e ovviamente ignota agli indagati). Bensì per gli scontri antidiscarica di Pianura di un anno prima, per i quali era stato appena arrestato. Nugnes risiede ed ha bacino elettorale in quel quartiere, ed è accusato di aver ordito insieme al consigliere comunale di An Marco Nonno un ‘patto trasversale’ per impedire la riapertura dello sversatoio durante l’emergenza rifiuti, fomentando scontri con le forze dell’ordine e la devastazione dei luoghi circostanti, fornendo dritte ai facinorosi su dove e quando sarebbero passati i mezzi per impedirne il transito. Il mese prima del suicidio Nugnes finisce ai domiciliari. La misura viene poi ammorbidita con il divieto di dimora a Pianura per tre giorni a settimana.

‘Global Service’ non è ancora all’orizzonte, solo qualche accenno in cronaca giudiziaria su indagini in corso, e le clamorose dimissioni dell’assessore al Bilancio Enrico Cardillo, il giorno prima del suicidio di Nugnes. In molti motiveranno a posteriori quelle dimissioni con la consapevolezza della bufera ‘Global Service’ in arrivo. Cardillo, dopo l’assoluzione, smentirà: “Avevo già deciso di andarmene da tempo”. Il processo si conclude con una sentenza severissima per la Procura, demolendone in toto l’impianto accusatorio. La Cassazione motiva in 43 pagine con il “vuoto probatorio”. C’è un passaggio su Nugnes, descritto come uno di quelli che fornisce a Romeo notizie riservate sulle delibere in preparazione: “È una condotta sicuramente non corretta sul piano istituzionale, ma è impropria l’equiparazione tra violazione dell’obbligo di imparzialità e condotta criminosa contestata”, ovvero la violazione del segreto d’ufficio, che non c’è.

Molto diversa invece la sorte del processo su Pianura. Diviso in due tronconi è approdato per tutti i personaggi principali a pene severissime, chieste e ottenute dal pm Antonello Ardituro, oggi al Csm: 8 anni in primo grado a Nonno (appello che attende di essere fissato da due anni), condanne definitive per chi ha scelto l’abbreviato. Tra questi Ciro Sanges, che il pm definì in requisitoria “il colonnello del generale Nugnes”, ovvero l’esecutore di ordini a sua volta impartiti sul territorio. Sanges è stato condannato a cinque anni e sei mesi: in primo grado e in appello ne aveva presi otto, la Cassazione ha imposto all’Appello di riformulare le pene concedendogli attenuanti negate durante i primi due gradi di giudizio. Condivideva un paio di capi di imputazione con Nugnes. Questo processo non è finito nel nulla.

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