Un sospiro di sollievo. È stata una liberazione per Daniele Giaquinta quando alla sede inglese della Mercedes non erano interessati al fatto che ci avesse messo sette anni a finire la triennale in Ingegneria aerospaziale a Palermo. “Questo in Italia avrebbe rappresentato di sicuro una difficoltà. Mentre alla Mercedes F1 non importava quanti anni avessi ma le mie capacità. Ero la persona giusta per quel lavoro, l’età non c’entrava nulla”. Questa è stata l’accoglienza che Daniele ha avuto nel 2015 quando ha fatto il primo colloquio con il team di Formula1 di Brackley, nel Regno Unito. Un tirocinio – pagato – ottenuto ad un mese dall’iscrizione alla specialistica in Aerodinamica all’Università Tecnica di Delft, la più grande e antica nel suo genere nei Paesi Bassi, ad una ventina di minuti da Rotterdam. “Devo dire che quando mi sono candidato per il tirocinio ero a Delft da solo un mese. Quindi dalla Mercedes sono stato assunto grazie alle mie competenze palermitane”. La sensazione di Daniele, infatti, è che all’estero gli studenti italiani siano visti come “risorse sulle quali investire”.

Facendo la specialistica in Olanda, all’ingegnere 30enne è sembrato che il livello di preparazione di italiani e spagnoli fosse il migliore in assoluto, eppure per entrambi pesava la difficoltà a trovare lavoro in patria. “Non crederai che Mercedes faccia recruiting in Sicilia? In Italia lo fa solo nei due Politecnici di Milano e Torino. Non dico che da Palermo non escano ottimi ingegneri ma di sicuro non avrei avuto le stesse opportunità restando in Sicilia”. Cefalù diventa quindi un ricordo da rinnovare due volte l’anno e Daniele rivede in sé la storia dei suoi genitori, anche loro da giovani emigrati in Svizzera per lavoro. L’ingegnere, infatti, è nato Oltralpe ma cresciuto a Cefalù grazie al fatto che con gli anni i suoi genitori sono riusciti a tornare nella loro Sicilia. “Anche io sono sicuro che ritornerò in Italia – continua Daniele – Ora non è il momento. Tornerò quando potrò farlo alle mie condizioni e quando potrò contribuire a cambiare le cose”.

“Tornerò quando potrò farlo alle mie condizioni e quando potrò contribuire a cambiare le cose”

Quel che lo ha stupito, nella sua esperienza di tirocinio di 13 mesi alla Mercedes di Brackley, è stato il rispetto. “Ero considerato a tutti gli effetti un normale impiegato, con bonus di produttività, contributo pensione, assistenza sanitaria, ferie”. Per la prima volta, Daniele si sente “una risorsa su cui investire”. “Qualsiasi cosa succedesse, mai che si alzasse la voce. Inoltre, tutti i colleghi erano sempre pronti a condividere i segreti imparati in parecchi anni di carriera. ‘Più impari e più puoi essere utile al team’, questa era la mentalità”. Un tirocinio retribuito con uno stipendio che gli ha permesso di provvedere ad ogni necessità in una zona costosa come Oxfordshire. “Quando dicevo quanto fossi colpito da questo ambiente mi si rispondeva che era semplicemente un’ambiente professionale dove eravamo tutti professionisti. E così ecco l’ingegnere siciliano ritrovarsi a chiacchierare in palestra col direttore tecnico o fare la fila in mensa accanto ai piloti di F1. “Mettere le mie mani su una macchina di F1 e possedere il mio decimo di secondo sulla monoposto migliore in griglia è stata un’esperienza fantastica non solo per il lavoro ma anche e soprattutto grazie alle persone”.

Ora il tirocinio è finito a luglio 2016 ma di tornare a casa per Daniele neppure l’ombra: una laurea in vista all’Università olandese per il prossimo dicembre e occhi puntati su un ritorno in Inghilterra per continuare a lavorare in F1. “Ho avuto un feedback molto positivo, quindi dopo Delft, probabilmente tornerò nel Regno Unito”. Eppure Daniele, se dovesse definirsi, si considererebbe “tutt’altro che uno studente esemplare”. Colpa di averci messo sette anni a fare una triennale, “per immaturità”, ma anche per l’impegno speso in associazioni studentesche e esperienze all’estero.

“Se avete la possibilità di fare il tirocinio giusto o di lavorare a un progetto importante, non abbiate paura di ritardare la laurea”

Tornando con la mente agli anni della triennale, infatti, si ricorda quanto allora fosse “angosciato”. “Non sapevo cosa avrei fatto dopo la laurea e non capivo se l’essere fuori corso mi avrebbe precluso opportunità importanti”. Eppure, sono stati proprio gli scambi e le esperienze fatte negli anni “di ritardo” della laurea a permettergli di scoprire cosa avrebbe voluto fare. “Il mio consiglio è di studiare tanto e bene ma non temere di ritardare la laurea di un annetto qualora ci fosse l’opportunità di fare il tirocinio giusto o di lavorare ad un progetto importante in un team studentesco”. Fare esperienze fuori dall’università, vedere come si studia e lavora all’estero, fare un Erasmus lontani da casa. “Sai, se non avessi avuto tutte queste esperienze extracurriculari, avrei avuto meno possibilità di passare il primo step di selezione alla Mercedes”.

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