Vietato buttare qualsiasi cosa, figuriamoci se si tratta di una Ferrari. Gustavo Aguerrevengoa è argentino e ha 37 anni. In Italia è arrivato nel 2011, e qui ha deciso di restare mettendo in piedi un progetto di recupero e produzione di oggetti grazie al materiale di scarto di auto d’epoca. “Sì, sono l’unico in Italia, ma mi diverto un mondo”, racconta.

Tutto è iniziato da bambino, quando Gustavo insieme a suo padre saliva su una macchina sgangherata per andare a riparare le auto nella campagna di Paranà, Argentina: “Lo faceva per portare un guadagno extra a casa – ricorda –. Lì è nata la mia passione sfrenata per i motori”. L’idea di Gustavo, 30 anni dopo, ricalca quella dei suoi nonni: “Col restauro ho imparato il recupero delle cose: non si butta via niente”.

Il primo arrivo in Italia è datato 2009, quando decise di viaggiare con un amico. “Dopo due mesi, però, mi sono innamorato della mia attuale compagna: così ho deciso di cambiare vita e di trasferirmi definitivamente un paio di anni dopo”, racconta. Dopo sei mesi trascorsi a Napoli, Gustavo parte per Modena e inizia a lavorare in una delle officine più rinomate del territorio. “Faticavo duramente – ricorda – il livello era altissimo. Così, anche durante il tempo libero, preferivo esercitarmi, migliorare il più possibile le mie capacità”.

Gustavo recupera pezzi vecchi con attenzione, li pulisce, dà loro una linea. Che si tratti di una vecchia portiera, di un baule o di una lamiera. “Li porto tutti a casa, in effetti – sorride – ho la mansarda strapiena. Ho paura che mi caccino”. Il tempo necessario per realizzare un prodotto finito? Impossibile dirlo. Ogni oggetto è unico, ognuno nasce coi suoi tempi e modi. “Ho appena completato un lampadario ricavato dal muso di una Ferrari. L’ho tenuto in cantina per otto mesi, poi ho capito come lavorarlo”.

Gustavo vive in un agriturismo in campagna, a pochi chilometri dall’officina in cui lavora. La sveglia suona ogni giorno alle 6:45. Poi fa yoga, una buona colazione e via di corsa al lavoro, rigorosamente in bici. Alle 18, quando torna a casa, Gustavo si occupa del suo sito, risponde alle email, cura i social. “E quando ci sono molte richieste continuo a lavorare sulle mie creazioni”. È vero, alcune carrozzerie vicine realizzano armature con materiale di scarto, sfruttando tecniche simili. Ma se si parla di design realizzato con il recupero di vecchie Ferrari, Gustavo né è quasi certo: “Sì, sono l’unico in Italia”, sorride.

“Il giorno in cui incontrerò un italiano che non si lamenta di qualcosa faccio il biglietto e torno a casa”

Per Gustavo l’Italia è come la casa in città: “Qui si toccano livelli altissimi nella moda, nel design, nell’architettura”. In Argentina, invece, è un po’ come tornare alla casa in campagna: “Vivo più lentamente, mi collego con la natura, riscopro le amicizie storiche”. Certo, le differenze tra nord e sud del mondo si sentono: “Qui a Modena le persone sono meno calorose, i rapporti più freddi rispetto all’Argentina, continua. “E poi quanto si lamentano gli italiani! – aggiunge – Il giorno in cui incontrerò un italiano che non si lamenta di qualcosa faccio il biglietto e torno a casa”.

L’obiettivo, comunque, è quello di rimanere. “Sto costruendo il mio futuro qui: mi piace come si vive, come si lavora, come si mangia”. Il primo oggetto venduto risale al 2014. Tra 10 anni, invece, Gustavo sogna di aprire un laboratorio tutto suo. Quest’anno è stato invitato a mostrare le sue creazioni alla Triennale di Milano e alla Camera dei Deputati di Roma. A dicembre, invece, ha inaugurato la sua prima mostra personale alla galleria d’arte Hiro Proshu di Modena. Gli oggetti sono venduti su prenotazione: l’interesse è tanto, la clientela di rango medio-alto. Un centrotavola ricavato da una portiera arriva a costare mille euro. Un lampadario in acciaio parte da ottomila euro. Sono tutti pezzi unici, che vengono da un’opera d’arte come la Ferrari. “Cerco di ridare loro vita, di renderli oggetti che durano per sempre”. Parola del primo meccanico-designer d’Italia.

Articolo Precedente

Pensioni, Saraceno: “‘Opzione donna’ penalizza le lavoratrici. Il problema? Il welfare che non c’è”

next
Articolo Successivo

Violenza, una guida per chi lavora in ambito di maltrattamento domestico

next