Garantire l’istruzione secondaria a tutte le ragazze dell’Africa subsahariana potrebbe contribuire a salvare la vita a 1,2 milioni di bambini e portare ai Paesi in via di sviluppo benefici per oltre 100 miliardi di dollari l’anno. In vista della Giornata internazionale della donna One campaign, l’organizzazione fondata da Bono Vox, pubblica il rapporto La povertà è sessista e lancia una campagna digitale sul mancato accesso all’istruzione per 130 milioni di bambine nei paesi più poveri al mondo.

Secondo le stime di One basterebbe meno del costo di una pagnotta al giorno per far sì che una bambina nei Paesi più poveri al mondo possa andare a scuola. Basandosi poi sui dato più recenti dei sondaggi demografici e sanitari in ogni Paese dell’Africa subsahariana, One ha calcolato la probabilità media di una madre con un livello di istruzione secondaria (o superiore) di vedere il proprio bambino morire rispetto a quella di una madre senza tale istruzione. Il risultato? “Le donne nell’Africa subsahariana con un’istruzione secondaria – spiega il rapporto – hanno il 41% di probabilità in meno di vedere i figli morire entro i primi 5 anni di vita”. In base ai più recenti dati dell’Unicef, infatti, nel 2015 nell’Africa subsahariana 2,95 milioni di bambini non sono arrivati ai 6 anni. In base a questi dati “possiamo prevedere – sostiene l’organizzazione – che l’istruzione farebbe abbassare la mortalità infantile salvando la vita a 1,2 milioni di bambini.

L’appello di One – Ecco perché l’organizzazione propone una serie di misure per affrontare il problema, a partire da un aumento dei finanziamenti sia da parte dei donatori internazionali che delle risorse nazionali. Ma è cruciale che ogni incremento dei fondi corrisponda a riforme nei singoli Paesi, che riguardino l’eliminazione di barriere per l’accesso alle scuole, l’investimento negli insegnanti, il monitoraggio dei risultati e il potenziamento dell’accesso ad internet. “Dare la priorità all’istruzione è forse più urgente ora che in qualsiasi altro momento della storia recente” ha dichiarato Emily Wigens, direttrice di One Bruxelles, ricordando che attraverso la sua presidenza del G7 “l’Italia può giocare un ruolo essenziale nel definire quali politiche e che genere di investimenti sono necessari per lo sviluppo economico del continente africano”. Così One lancia un appello anche al premier italiano Paolo Gentiloni: “Il luogo del Summit, Taormina, è veramente simbolico – ha aggiunto Wigens – sarà la prima volta che i leader del G7 si riuniranno così vicino all’Africa. Il primo ministro Gentiloni ha il dovere di realizzare le promesse fatte dal suo predecessore circa l’incremento dei fondi allo sviluppo, in particolare ai paesi più vulnerabili e fragili”.

Uno sguardo al mondo – Se i 130 milioni di bambine non scolarizzate fossero la popolazione di una nazione, si tratterebbe della decima più grande del Pianeta, quanto il Regno Unito e la Francia messi insieme. Le ragazze escluse dall’istruzione hanno maggiori probabilità di diventare spose bambine, sono più vulnerabili alle malattie come l’HIV e hanno più probabilità di morire in giovane età. Inoltre, l’istruzione aiuta a rendere più stabili le società vulnerabili all’estremismo. In situazioni di conflitto le cose sono ancora peggiori. One fornisce qualche dato: 2,9 milioni di bambini hanno bisogno di essere inseriti in programmi di formazione di emergenza nei tre Stati più colpiti del nord-est della Nigeria. Boko Haram (che si traduce ‘l’educazione occidentale è proibita’) ha causato instabilità e preso di mira l’istruzione, sequestrando 276 studentesse della città di Chibok nel 2014. Oltre mille scuole sono rimaste danneggiate o sono state distrutte nel conflitto e altre 1.500 sono state chiuse. A novembre 2016, gli insegnanti uccisi erano 645 e quelli sfollati 19mila.

L’istruzione: i costi e i benefici – Sebbene il divario di genere possa sembrare ormai profondamente radicato e incolmabile in alcuni Paesi, secondo One una strada da percorrere per migliorare queste condizioni c’è, se al tempo stesso esiste la volontà politica di appoggiarla. Intanto perché “la popolazione dell’Africa subsahariana è destinata a raddoppiare nei prossimi decenni”. Questa crescita della popolazione in età lavorativa, insieme al calo della fertilità e alla diminuzione dei tassi di mortalità infantile, secondo l’organizzazione può spazzare via la povertà estrema e generare un ‘dividendo demografico’ con enormi benefici economici”.

One ha calcolato che “il costo per un percorso d’istruzione di 12 anni (scuola primaria e scuola secondaria inferiore e superiore), nei Paesi più poveri è di circa 1,17 dollari al giorno”. E mentre un anno in più di scolarizzazione per le ragazze si ripercuote in un aumento del salario di quasi il 12%, il divario nel livello di istruzione con i loro fratelli costa ai Paesi in via di sviluppo 92 miliardi di dollari all’anno. Sulla scia di quest’analisi e con l’ausilio di dati aggiornati, One ha concluso che “partendo dalle disparità attuali fra ragazze e ragazzi e dagli attuali tassi di crescita economica, l’eliminazione del divario di genere nell’istruzione potrebbe portare nelle casse di quei Paesi tra i 112 e i 152 miliardi di dollari all’anno”.

Eppure dal 2002 la quota degli aiuti destinata all’istruzione è scesa dal 13% al 10%. Tra i donatori multilaterali, la quota di aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) stanziata per l’istruzione è passata dal 10% al 7% negli ultimi dieci anni. E la spesa interna per l’istruzione troppo spesso non è sufficiente a garantire risultati di apprendimento. Secondo le stime della Education Commission, il finanziamento internazionale per l’istruzione dovrà aumentare dai 16 miliardi di dollari del 2015 a 89 miliardi di dollari nel 2030 per riuscire a soddisfare le esigenze. One calcola che nel 2020 saranno necessari circa 40 miliardi di dollari – più del doppio rispetto ai livelli di finanziamento internazionale del 2015 – “il 62% dei quali dovrà provenire dagli Aps e il rimanente 38% da meccanismi di finanziamento innovativi”. Se le tendenze attuali nell’istruzione persisteranno “entro il 2030 – conclude il rapporto – saranno quasi 950 milioni le spose bambine, rispetto ai 700 milioni di oggi, mentre entro il 2050 il Pil pro capite nei Paesi a basso reddito sarà di quasi un 70% inferiore a quanto sarebbe se tutti i bambini studiassero. Solo quegli Stati perderanno 1,8 trilioni di dollari”.

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