Cultura

Il Cerchio, a che prezzo condividiamo i dettagli della nostra vita su internet? Il film con Emma Watson risponde, e inquieta

Angosciante e potenzialmente profetico quanto una puntata di Black Mirror, il romanzo di Dave Eggers dal quale è tratta la pellicola cinematografica in uscita ad aprile trascina il lettore in una realtà distopica travestita da utopia tecnologica proprio come la serie antologica di Netflix. La lettura dà un continuo senso di inquietudine, perché inevitabilmente si finisce col confrontare le situazioni del libro con quelle che viviamo ogni giorno: perché ricerchiamo i 'mi piace' della gente? Cosa ci spinge a condividere dettagli della nostra vita su internet?

di Giulia Ausani

Diventato caso editoriale fin dalla sua pubblicazione nel 2013 (2014 in Italia), ad aprile uscirà nelle sale la versione cinematografica con protagonisti Emma Watson e Tom Hanks. Parliamo de Il Cerchio, romanzo di Dave Eggers, scrittore americano già finalista al Pulitzer per la saggistica nel 2001 per il suo esordio L’Opera struggente di un formidabile genio.

Angosciante e potenzialmente profetico quanto una puntata di Black Mirror, Il Cerchio trascina il lettore in una realtà distopica travestita da utopia tecnologica proprio come fa la serie antologica di Netflix. Mae Holland è la giovane protagonista del libro: la seguiamo nella sua carriera presso il Cerchio, la più importante azienda di gestione di informazioni web. Un incrocio tra Google e Facebook ma estremizzato, dove un semplice account consente di gestire ogni aspetto della propria vita, dalle relazioni interpersonali all’assicurazione sanitaria. E non esiste l’anonimato: il geniale creatore del Cerchio, Ty, l’ha fondato proprio per impedire alla gente di diffondere odio e razzismo dietro la protezione di un nickname qualunque. E con la sua trovata ha fatto sparire troll ed hater. Il campus dell’azienda è un microcosmo di perfezione, con postazioni ultratecnologiche anche per gli stagisti, feste e attività di ogni tipo per i dipendenti, alloggi gratuiti e persino cure mediche d’avanguardia per lavoratori e famigliari. Eppure è un sogno che richiede un prezzo, perché a Mae viene subito spiegato che il Cerchio è condivisione e trasparenza. C’è persino una classifica che indica la tua attività nei social, e se vuoi fare carriera devi scalarla: e quindi via ai commenti, le foto, gli status, gli inviti a eventi accettati. Se non condividi, non esisti; se non ottieni mi piace, non esisti.

Una premessa familiare e in qualche modo attuale, in un mondo – quello reale, però – in cui sentiamo il bisogno di condividere con amici e sconosciuti quello che mangiamo, i posti che visitiamo, le idee che abbiamo. Eggers però compie il passo successivo, descrivendo un’azienda i cui slogan principali, scritti ovunque nel campus, sono “i segreti sono bugie” e “la privacy è un furto”. E quindi se non condividi è perché hai qualcosa da nascondere, e al Cerchio nascondere è sbagliato, quasi blasfemo. La trasparenza è infatti la parola chiave, al punto che ogni attività degli utenti viene registrata e conservata, con l’impossibilità assoluta di cancellarla – anche quando il ragazzo che stai frequentando gira un video a tua insaputa, o quando un’analisi storica del tuo dna rivela che discendi da una famiglia di schiavisti. E mentre i grandi dell’azienda – “i tre saggi” – mostrano ai dipendenti gli incredibili risultati della loro campagna per la trasparenza (la diminuzione del tasso di criminalità, meno corruzione in politica, addirittura un freno al terrorismo), viene spontaneo domandarsi se sia davvero giusto ed etico rinunciare alla propria privacy per il bene del mondo.

Mae, però, queste domande non se le pone. Ci sono membri del Cerchio che indossano una microcamera e condividono con il resto del mondo tutta la loro vita: Mae non prova nemmeno a interrogarsi sulla questione, non oppone resistenza e semplicemente si lascia travolgere dal progresso, abbracciandolo, lanciandosi in una folle competizione di trasparenza e visibilità per fare carriera e diventare influente nel campus dell’azienda.

Lo stile di Eggers è brillante, e lui è abile nel lasciar intravedere al lettore le crepe nella sfera dorata che è il Cerchio. Ma non è un romanzo d’azione, e il punto clou della trama arriva solo nell’ultima trentina di pagine. Eppure è un libro memorabile, e non è un caso che abbia attirato l’attenzione anche delle case di produzione cinematografiche. La lettura dà un continuo senso di inquietudine, perché inevitabilmente si finisce col confrontare le situazioni del libro con quelle che viviamo ogni giorno: perché ricerchiamo i ‘mi piace’ della gente? Cosa ci spinge a condividere dettagli della nostra vita su internet? Anche Mae è un personaggio ambiguo per il lettore: è snervante vederla così entusiasta di fronte alle richieste del Cerchio e così incapace di vedere la realtà. Forse però è una protagonista così insopportabile perché ci somiglia, e la frustrazione che proviamo nei suoi confronti è in realtà un riflesso della frustrazione verso noi stessi: e se anche noi, senza accorgercene, avessimo permesso alla tecnologia moderna di farci il lavaggio del cervello?

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