La notizia non è recente, ma non ha avuto la giusta risonanza sui mezzi di informazione italiani. Eppure, viste le possibili conseguenze sulla salute pubblica, forse un po’ di inchiostro in più non avrebbe guastato (gli industriali del settore non converranno, ma qui parliamo di un bene collettivo, la salute pubblica per l’appunto, che dovrebbe venire prima degli interessi privati).

Mi riferisco alla decisione californiana di vietare il 4-metilimidazolo (4-MEI) presente tra l’altro nel colorante caramello E150D incluso negli ingredienti della Coca-Cola (ma non solo). La multinazionale americana decise di cambiare la ricetta per evitare di dover inserire un messaggio di avvertimento sul rischio cancerogeno (un po’ sullo stile di quelli presenti sui pacchetti di sigarette).

Ma di cosa stiamo parlando? Il colorante caramello E150D è un additivo alimentare facente parte della famiglia dei coloranti, quindi quelli comunemente indicati con le sigle che vanno da E100 a E199. Il caramello e il suo sapore unico, scoperto da bambini facendo sciogliere lo zucchero è una vera delizia in pasticceria (senza abusarne, resta sempre zucchero). Qui però stiamo parlando di ricette industriali e il caramello in questione ha solo il colore di quello a base di zucchero. Quando la chimica si mette al servizio dell’industria agro-alimentare nella ricetta compare l’ammoniaca.

Esistono quattro tipi di caramello E150: dal E150A, il meno pericoloso, presente in whisky, cognac e salumi; all’E150D potenzialmente pericoloso e cancerogeno, passando per l’E150B (Caramello Solfito Caustico) e l’E150C (Caramello Ammoniacale) anche questi non certo equiparabili a una boccata d’aria di montagna. Questi ultimi tre sono presenti in molti prodotti: nei biscotti ai cereali della colazione, nelle birre, nelle salse, nei prodotti da forno, nelle confetture, nelle bibite gassate, nel the freddo e persino nell’aceto.

Da oltre quarant’anni diversi studi hanno denunciato la potenziale cancerogenicità del 4-MEI, ma ciò non ha condizionato in alcun modo gli imprenditori del settore che hanno continuato a utilizzare i coloranti E150C e E150D (che ne contengono) senza farsi scrupoli. Com’è possibile che questo ingrediente sia stato bandito in California e commercializzato nell’Unione europea? Che Coca Cola abbia dovuto cambiare la propria ricetta negli Stati Uniti e non in Europa?

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Come dicevo poco sopra, Coca Cola non è l’unico alimento a contenerne: persino l’Aceto balsamico di Modena IGP può annoverarlo fra i componenti: è difficile trovare prodotti totalmente esenti a meno che non si decida di andare in un negozio specializzato in prodotti di alta qualità o biologici.

I difensori dell’utilizzo di tale colorante diranno che è tutto completamente legale perché autorizzato dall’Efsa, l’Autorità europea di sicurezza alimentare che vaglia scrupolosamente tutti gli alimenti “a rischio” che arrivano sulle nostre tavole. Peccato che questo organismo abbia perso credibilità dopo vari episodi tra cui la pronuncia sul glifosato, tanto caro a Monsanto&co. e considerato dal Centro internazionale della Ricerca sul cancro dell’Oms come cancerogeno. La prima ha valutato esclusivamente ricerche di scienziati indipendenti mentre l’Efsa non si pone problemi nel valutare le ricerche fornite dagli industriali. Secondo una ricerca condotta nel 2013 dalla Ong Corporate Europe observatory (Ceo) e dalla giornalista d’inchiesta Stéphane Horel il 60% degli esperti dell’Efsa risultava in conflitto d’interesse.

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