Dategli del populista, ma non dite che non lavora. Perché quando accade, Matteo Salvini se la prende. Lo ha fatto martedì, dopo Il caffè, la rubrica di Massimo Gramellini sul Corriere della Sera. Ma non è una novità. Era accaduto con ilfattoquotidiano.it due anni fa. Ma il giudice accolse la richiesta di archiviazione del pm. E respingendo l’opposizione del leghista, il 26 gennaio 2016 il giudice scrisse: “Salvini non ha potuto dimostrare di aver fatto “qualcosa” al di fuori della Lega”. Ora il leader del Carroccio risponde a Gramellini sugli stessi argomenti. Scriveva l’editorialista, commentando le critiche dell’europarlamentare ad Alessandro Bertolazzi, il truccatore italiano che ha vinto il premio Oscar, reo di averlo dedicato agli immigrati: “Uno che non ha mai lavorato un minuto in vita sua e viene pagato dai contribuenti per non combinare nulla, dato che al Parlamento europeo non si fa vedere quasi mai, forse per timidezza, e trascorre le giornate a scagliarsi contro quella stessa Europa che gli passa un generosissimo stipendio”. Apriti cielo.

La replica di Salvini è arrivata nel pomeriggio. Tra un po’ di refrain berlusconiani (“la gente che mi vota è sempre di più”) e di sano sovranismo (“mi batto per cambiare dall’interno quest’Europa, perché gli italiani tornino a essere un popolo sovrano”), il politico ha fornito la sua versione: “Lavoro da quando avevo 16 anni e da 20 faccio il giornalista, che mi sembra il suo stesso privilegiato mestiere”. Per poi aggiungere: “Al contrario di quello che lei scrive, in Europa ci vado: le mie presenze nelle votazioni a Strasburgo e Bruxelles sono dell’89% e per produttività ho dietro di me oltre 500 parlamentari (tutto verificabile sul sito www.mepranking.eu)”.

C’è però una sentenza che sostiene il contrario. Perché Salvini in questo caso ha solo replicato. Nel novembre 2014, il leghista querelò Davide Vecchi per un post in cui sosteneva che “Salvini non ha mai lavorato un giorno in tutta la sua vita” e che “è noto a Bruxelles per essere tra i più assenteisti, tanto da essere persino ripreso in aula a Strasburgo dal deputato socialista Marc Tarabella durante una delle rare sedute in cui l’eroe padano si è presentato”. Vale a dire, in sostanza, quello che martedì ha detto Gramellini.

E il giudice Battista Palestra cosa sostenne appena un anno fa di fronte alla “diffamatorietà” che Salvini ravvisava nell’articolo del Fatto? Accogliendo la “articolata richiesta di archiviazione” del pubblico ministero, alla quale il leghista si era opposto, scrisse nel decreto che riguardo all’accusa di ‘assenteismo’ non vi era nulla di “platealmente menzognero” poiché “collegata alle specifiche affermazioni di un eurodeputato socialista francese (e comunque non trovano particolare smentita nei report del parlamento europeo…)”, ma soprattutto, sì, Salvini non ha mai lavorato. Palestra infatti stabilì che “basta osservare che – nel linguaggio comune – costituisce una frase che si predica del (deprecatissimo!) “professionista della politica” che – magari “politicamente” occupato per 15 ore al giorno – tuttavia non svolge o non ha mai svolto nessuna “attività civile””. E le cose devono stare proprio così, se “neppure nel suo atto di opposizione all’archiviazione Matteo Salvini ha potuto dimostrare di avere fatto “qualcosa” al di fuori della Lega…”.

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