È andato ad autodenunciarsi di ritorno dalla Svizzera, dove aveva aveva accompagnato Dj Fabo a morire in una clinica per suicidio assistito. E ora Marco Cappato è indagato per istigazione al suicidio. Il pm di Milano Tiziana Siciliano, da quanto si è saputo, ha intenzione di interrogarlo alla presenza di un legale.

Dopo l’autodenuncia di ieri davanti ai carabinieri della Compagnia Duomo – nella quale l’esponente dei Radicali ha anche svelato di aiutare altre due persone intenzionate a scegliere il suicidio assistito – Cappato è stato iscritto nel registro degli indagati per il reato previsto dall’articolo 580 del codice penale, ossia “istigazione o aiuto al suicidio”, e che prevede pene che vanno dai 5 ai 12 anni di carcere.  In particolare, a Cappato, indagato a seguito del suo verbale di spontanee dichiarazioni di ieri, viene contestata la parte del reato in cui si stabilisce che deve essere punito chi “agevola in qualsiasi modo l’esecuzione” del suicidio. Ora il pm ha intenzione di interrogare (potrebbe farlo nei prossimi giorni) il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni alla presenza di un avvocato.

Gli inquirenti, dopo l’interrogatorio di Cappato, dovranno svolgere accertamenti e fare valutazioni anche complesse e delicate perché, da quanto è stato riferito, questo è certamente un caso che può fare giurisprudenza. “Ci sono diversi profili che dovranno essere affrontati, compresa la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di diritti“, aveva chiarito ieri il procuratore Francesco Greco, spiegando anche che “per questo reato l’aiuto deve essere portato fino all’atto finale“. Si tratta, aveva aggiunto il capo della Procura milanese, di “una storia complessa che presenta profili di rilievo sia in termini di principi generali che giuridici, dato che qui c’è una questione di diritto alla vita e alla morte“.

Cappato: “Nessuna istigazione da parte mia, solo aiuto” – “Attendo arrivi l’avviso di garanzia e sono pronto a assumermi la responsabilità fino in fondo per aver aiutato Fabo“, spiega Cappato nel corso di una conferenza stampa davanti a Montecitorio, organizzata per chiedere di non posticipare l’arrivo in aula del ddl sul testamento biologico (che però è stato rinviato al 13 marzo). Precisa di non avere ancora “ricevuto alcuna comunicazione ufficiale da parte della magistratura” e ai carabinieri di Milano ha riferito di “aver fatto salire Fabo con la sua carrozzella nella sua macchina e aver guidato la macchina fino a Zurigo. La ragione per cui lui mi ha chiamato è non coinvolgere nella responsabilità le persone che amava. L’ho l’aiutato ad ottenere l’assistenza medica alla morte volontaria in un Paese in cui è consentito quello che dovrebbe esser consentito anche da noi”.

Una disobbedienza civile, prosegue, che di fatto è stata reiterata. “Ai Carabinieri ho detto anche quello che ho fatto lo scorso anno per Dominique Velati, ovvero le abbiamo pagato il biglietto per andare in Svizzera a morire. Dissi allora che lo avrei rifatto, annunciando una reiterazione del reato”. Quindi ha aggiunto di esser pronto a ripetere il gesto di disobbedienza civile. “Sono contento di fornire questo tipo di aiuto a altre due persone che hanno avuto appuntamento per recarsi in Svizzera per le stesse ragioni. Questo aiuto da parte mia ci sarà”. Cappato precisa che “ovviamente non c’è stata nessuna istigazione al suicidio di Fabo“. Anzi, continua, “abbiamo ottenuto di dissuaderlo per qualche settimana in più, facendogli venire la forza e la voglia di lottare per i diritti di tutti. L’aiuto, si quello l’ho dato su sua richiesta”.

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