Musica

Francesco Gabbani e la sua “canzoncina”? Diciamolo, la scimmia nuda che balla ha rotto il ca***

Basta. Salvateci da questa roba. Soprattutto salvate Gabbani, che rischia di vedersi impantanato in questa faccenda, senza possibilità di via d'uscita

La polemica di Michele Monina

A tutto si può porre rimedio, tranne alla morte. Lo afferma un detto popolare, possiamo credergli. Ma è un fatto che la situazione vi è decisamente sfuggita di mano, e manca tanto così che non ci si possa porre rimedio, causa morte per orchite.

Diciamolo senza se e senza ma: la scimmia nuda che balla ci ha rotto il cazzo.

Il primo a pensarlo, credo, sia proprio lo stesso Francesco Gabbani, che da ragazzo sveglio quale sembra non può non aver capito che se non la smettete subito di tributare tutto questo amore verso la sua canzoncina e la scimmia che ne è diventata simbolo, la prima a morire sarà proprio la sua carriera, per sempre legata a un tormentone carino, ma non certo di quelli che vorremmo vedere associare al nostro nome vita natural durante. Riassumiamo la situazione, a beneficio di chi fosse uscito dal coma solo ieri.

Francesco Gabbani, quello che l’anno scorso ha vinto Sanremo Giovani col tormentone Amen partecipa al Festival di Sanremo. Non ci crede più di tanto, infatti la lavorazione del suo album comincerà mercoledì prossimo, con tutta la calma del mondo. Partecipa a Sanremo, dicevamo, con una canzone leggera che ha un testo meno leggero di quel che sembra che prende per il culo questa mania occidentale di cercare certezze a oriente.

Per supportare la sua presenza sul palco dell’Ariston organizza un balletto (come già l’anno scorso), e siccome la canzone cita (con la c minuscola) la scimmia nuda dell’etologo britannico Desmond Morris, ecco che al suo fianco appare un ballerino vestito da scimmia. È amore. Del pubblico nei suoi confronti. Amore che va di pari passo con il disamore per la vincitrice annunciata del Festival, Nostra Signora della Canzone Impegnata Fiorella Mannoia, rea di essersi presentata con troppa alterigia e con una canzone dannatamente brutta. Una canzone dannatamente brutta che ha un testo, se possibile, ancora più brutto della canzone nel suo insieme, che tra l’altro parla proprio di quello che Gabbani prende per il culo. Il senso della vita affrontato con un po’ di orientalismo pret-a-porter. Namaste’ ale’, ecco che Gabbani arriva nella finalissima e vince sulla Mannoia. Non contento di aver fatto vincere la scimmia che balla su quarant’anni di carriera, le chiede scusa dal palco dell’Ariston, passandoci pure per umile e modesto.

Inizia l’apocalisse.
Parte la Occidentali’s karma mania.
O la fanno partire.
Perché la canzone piace, è un fatto: carina, ripeto, non bella, ma piace. A spingere la mania però è anche un sapiente lavoro di marketing.

Lodevole, eh, almeno finché non ci rompe il cazzo.

Seguendo la lezione di Lady Gaga, e consapevoli che senza album fuori Gabbani e la Bmg stanno perdendo presumibilmente decine di migliaia di copie, chi si occupa di comunicazione per lui decide di spingere su una costante attenzione intorno a lui. Ogni giorno qualcosa. La meta è metà maggio, quando durante l’Eurovision arriverà il disco: tre mesi da riempire.

Quindi via con le notiziole da colonnino di destra dei siti, da chiacchiere in radio. Gabbani spopola in tutta Europa, dicono. Mah, parliamone. Essere primi a Malta e in Svizzera direi che non è uguale esserlo in Inghilterra, Francia o Spagna, ma sempre meglio di niente, crediamo tutti nel Gabbani europeista. Via alla storia di Fabio Ilacqua, autore del testo, poeta e pittore contadino che non ha il telefonino e il televisore. Ci ho passato le ore prima della finale, posso confermare, ma anche la naivete di Ilacqua dopo poco non interessa più. Allora via alle analisi del testo, con citazioni svelate, paragoni con Umberto Eco. Via a tirare in ballo Battiato, Silvestri, chi più ne ha più ne metta.

Via alle notizie fake. Gabbani ha il pacco grosso. Gabbani è gay. La prima lasciata lì, la seconda smentita. Allora via all’intervista della fidanzata. E ancora la scimmia. Ovunque la scimmia. Nei titoli, nelle foto, nelle citazioni.

Arriva a che un’intervista a Desmond Morris, l’etologo cui si deve la citazione della scimmia nuda che balla. Il suo libro, La scimmia nuda, appunto, è andato in ristampa. La versione ancora sul mercato è finita prima su Amazon Italia.

Voi non state bene. Che vi frega di un libro scritto da un etologo? Sapete cos’è un etologo? È bastata una canzoncina, perché se questa è una canzone profonda, diciamolo, Carte da decifrare di Ivano Fossati è l’abisso nietzchiano, quindi, è bastata una canzoncina a fare di voi appassionati di etologia?
Dai, Cristo santo. Siate seri.

Ma l’intervista a Desmond Morris è il Top. L’ufficio stampa di Gabbani, invece che compiacersene, dovrebbe essere terrorizzato a casa, nascosto sotto una coperta, convinto che stia per arrivare la fine. Perché capisco la felicità di Morris per essere tornato in auge (sempre che ci sia mai stato in Italia) a causa di una canzoncina, ma come cazzo si fa a dire che il testo di Occidentali’s karma è al livello di John Lennon e Bob Dylan? Dire una cosa del genere è uno scempio. La leggi e ti viene voglia di cavarti gli occhi con un cucchiaio come certi personaggi posseduti dal diavolo nei film de l’esorcista.

John Lennon?
Bob Dylan?
Francesco Gabbani?
La scimmia nuda?

Basta. Salvateci da questa roba. Soprattutto salvate Gabbani, che rischia di vedersi impantanato in questa faccenda, senza possibilità di via d’uscita. Non è solo questo, ci ha detto. Bene, la smetta di permettere a chi gli sta intorno di usare una cazzo di scimmia come simbolo della sua poetica. Finirà per odiarla, lui. Noi la stiamo già iniziando a odiare.
Se vedi un punto nero spara a vista, o è la scimmia nuda o è un fascista.

Francesco Gabbani e la sua “canzoncina”? Diciamolo, la scimmia nuda che balla ha rotto il ca***

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