Difficile anche parlare di ricostruzione, quando sono ancora da verificare 13.304 edifici e mancano all’appello oltre mille container. Ha fatto scalpore l’atto d’accusa lanciato dallo stesso commissario per la ricostruzione Vasco Errani ad Ancona, davanti a una platea di sindaci lo scorso 15 febbraio: “E’ tutto fermo. Questa non è ricostruzione, questa è emergenza”. Difficile dargli torto dando un occhio a certi numeri. Sono quelli sull’assistenza post sisma dal 24 agosto ad oggi elaborati dalla Direzione di comando e controllo (Dicomac) della Protezione Civile, aggiornati al 20 febbraio 2017. E sono numeri da emergenza piena, altro che ricostruzione. Sono ancora 11.726 i terremotati alloggiati con soluzioni temporanee: 9.154 stanno ancora in albergo, 6.048 sono sparsi tra hotel e residence, 1.812 vivono compulsati in palestre e palazzetti comunali e 760 nei 249 containers e soluzioni abitative d’emergenza (sae). Sono i numeri di un rapporto della Direzione di comando e controllo (Dicomac) della Protezione Civile, aggiornati al 20 febbraio 2017. Praticamente ieri. Se sono 11.726 oggi è bene sapere che erano 25.341 a novembre del 2016. Quindi in sei mesi l’assistenza ha sgonfiato la lista dei bisognosi ma per metà di loro non c’è soluzione abitativa che tenga. E ogni proclama intorno alla ricostruzione lascia il sapore amaro della post-verità.

tabella_dicomatPerfino il fabbisogno di container resta largamente inevaso: i dati del report riferiti solo a Marche e Umbria indicano che su 1.687 persone che ne hanno fatto richiesta soltanto 603 lo hanno ottenuto, il 35%. A Norcia, in particolare, il fabbisogno al 13 febbraio è stimato in 466 posti ma la popolazione può contare su 137. Insomma, a sei mesi il quadro di sintesi dell’assistenza post-sisma dal 24 agosto in poi conferma che parlare di ricostruzione oggi è un azzardo, se non proprio un insulto verso i tanti che non sanno neppure dove dormiranno domani, come succede agli attendati al comune di Montefortino, cui la Lombardia ha inviato 16 tende pneumatiche. Oppure ai terremotati ospitati al campo a Savelli di Norcia, dove si dispensano in mensa un centinaio di pasti.

“Non riusciamo ad andare avanti su macerie, stalle, casette” ha lamentato Errani additando i limiti del decreto 189 con cui il governo di Matteo Renzi ha normato la ricostruzione assegnando poteri straordinari al commissario. In teoria, perché quel decreto che indicava nelle ordinanze lo strumento eccezionale a disposizione finisce per planare su meno cogenti “provvedimenti” che finiscono per incagliarsi e affastellarsi nei meccanismi della burocrazia, con evitabili ritardi. Un esempio è quello che entra in vigore la prossima settimana che definisce il criterio di “danno lieve” alle abitazioni. Già, come stiamo rispetto alla conta dei danni e degli interventi da pianificare per mancanza di agibilità?

Dalla relazione della Dicomac risulta che il censimento dei danni nelle quattro regioni colpite è ancora in pieno corso, con il 21% dei rilievi di danno e agibilità non ancora attribuito, il 57% dichiarato non agibile, il 40% non utilizzabile. Sono da valutare ancora 13.304 edifici. All’appello, tra gli altri, mancano ancora 5 scuole, 20 edifici pubblici, 827 abitazioni private. Al 9 febbraio risultano 52 interventi di messa in sicurezza su immobili prioritari da parte dei Vigili del fuoco e quelli conclusi sono 14, 15 sono ancora in corso, 21 sono ancora da avviare. Laggiù restano 4mila uomini tra vigili del fuoco, forze armate, volontari e Croce Rossa. Segno evidente che l’emergenza continua, la ricostruzione aspetta.

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