5. I giovani, così attratti dal giovine gattopardo-rottamatore da votare tutti tranne lui.
6. Gli intellettuali, che a parte Baricco sono scappati così lontano dal Pd che adesso Carofiglio, per recuperarli, dovrebbe essere come minimo uno sciamano navajo coi controcazzi.
7. Liguria, Veneto, Roma, Napoli, Torino, Arezzo, Sesto Fiorentino. Eccetera.
8. Quel gran genio di De Luca, forse esponente illustre di quella sinistra “a cui pensavamo noi emiliani quando volevamo un mondo unito dopo la caduta del Muro” (cito Richetti ieri sera, parola più parola meno).
9. Alfano, Verdini, Lorenzin e questo bel governo rimasto più o meno lo stesso nonostante la Waterloo meravigliosa del 4 dicembre.
10. Una riforma costituzionale da vergognarsi in eterno, scritta peraltro peggio delle bozze di Moccia.
11. Una legge elettorale “che tutti ci invidieranno”. E infatti si è visto.
12. La bocciatura della riforma Madia, le mancette per (non) vincere il referendum, il “salvabanche” per “quelle tre banchette toscane” (cit Renzi), i condoni pronunciati all’inglese (do you know volountary disclosure?), la mancata lotta all’evasione. E molti altri demoni.
13. L’occupazione della Rai, roba che in confronto la Legge Gasparri era quasi figa e Minzolini meritava il Pulitzer.
14. L’Unità attuale, che non è morta perché non la compra nessuno: si è suicidata leggendo andrearomano.
15. Il sistematico disprezzo per il dissenso, l’opposizione e tutto ciò che non era iper-renziano. “Gufi”, “professoroni”. E magari “specchio riflesso”, come si faceva all’asilo, che è poi lo stadio intellettuale a cui è rimasto il renzismo.

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Scissione Pd: la sconfinata lista di disastri renziani, a beneficio di Richetti

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