Un’occasione di confronto e discussione rivolta a tutte le forze politiche, agli operatori dei servizi, agli amministratori, ai cittadini, non sul solito terreno degli aggiustamenti di questo o quell’aspetto della sanità italiana, ma sul terreno di un pensiero riformatore, capace di riunificare le tante questioni in ballo in una proposta organica di cambiamento. Ecco l’intento dei deputati della Commissione affari sociali e sanità del Movimento 5 stelle che hanno organizzato la presentazione, alla Camera, del mio ebook “La quarta riforma” (scaricabile gratuitamente dal sito Quotidiano Sanità), il 22 febbraio alle 18.30 presso la sala Tatarella, a Palazzo dei Gruppi, in via degli Uffici del Vicario 21, a Roma.

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La mia proposta di riforma della sanità si basa sulla indissolubile interconnessione che esiste tra i diversi problemi del settore in virtù dei quali non è possibile – e meno che mai consigliabile – affrontarli separatamente. Per esempio, non è possibile riorganizzare la sanità senza ripensare la medicina, né governare la sanità senza, allo stesso tempo, ripensare le aziende, o ripensare la medicina generale, la specialistica ambulatoriale, la spedalità senza ripensare l’organizzazione del lavoro che li divide e li separa, o i servizi senza ripensare il lavoro ecc.

La mia proposta, come ho già spiegato in questo blog lo scorso 18 novembre, nasce dalla constatazione empirica che a condizioni non impedite esiste un forte rischio di perdere la sanità pubblica. Per me la sanità pubblica con tutti i suoi difetti e tutte le sue magagne resta un indicatore di civiltà, giustizia, rispetto dei diritti e solidarietà sociale. Per cui, perderla sarebbe una terribile regressione. Una contro emancipazione. Per salvare la sanità pubblica e non limitarsi, quindi, a interventi marginali, a semplici razionalizzazioni superficiali, o peggio a fare leva solo su un crescente de-finanziamento rincorrendo pericolose compatibilità, si tratta di rimuovere le principali contraddizioni che ne minano la sopravvivenza ricordando ancora una volta che risolvere un problema è una cosa, rimuovere le contraddizioni è sempre un’operazione di cambiamento cioè riformatrice.

Quali sono le principali contraddizioni da rimuovere?

La prima contraddizione riguarda una fraintesa e sbagliata idea di sostenibilità. Tutte le politiche fatte in suo nome hanno finito per tradire i diritti delle persone nel tentativo ossessivo di adattare la sanità a un limite economico sempre più limitante. Esistono altre idee di sostenibilità compatibili con i diritti.

La seconda riguarda l’invarianza. Il servizio sanitario nazionale è nato come soluzione ai problemi di insostenibilità delle mutue, ma nonostante si siano fatte tre riforme (1978/1992/1999) i modelli di tutela principali (assistenza di base, specialistica, spedalità, prevenzione ecc) sono rimasti sostanzialmente mutualisti, cioè invarianti. Tale invarianza genera inadeguatezza, regressività e costi sensibilmente più alti. Esistono modelli di tutela rispondenti maggiormente alle esigenze del cittadino e meno costosi.

La terza riguarda il lavoro. Il cambiamento impatta con la sanità in tanti modi ma le prassi professionali sono ferme almeno da 50 anni prigioniere di vecchi modi di fare e di agire (medicina generale, specialistica, ospedalità, prevenzione, ambulatori). E’ inutile riorganizzare i servizi se le prassi degli operatori sono invarianti. La nuova sostenibilità passa senza dubbio per una riforma delle prassi e delle professioni

La quarta riguarda la medicina. Abbiamo sempre riformato la sanità, ma mai la medicina cioè i modi attraverso i quali la conoscenza scientifica viene usata. Siamo rimasti prigionieri delle epistemologie positiviste di oltre un secolo fa quando in tutte le discipline scientifiche le epistemologie sono cambiate. Come si fa a fare una buona sanità quando la medicina è culturalmente inadeguata?

La quinta grande contraddizione riguarda la salute. Siamo il Paese la cui legislazione, a partire dalla Costituzione, è interamente imperniata sul valore della salute, ma siamo anche il Paese che fa pochissima prevenzione sulle malattie. La salute è la principale ricchezza di un Paese e come tale va prodotta.

Il fine del mio libro (come spero sia quello dei promotori della sua presentazione) è pratico: per salvare la sanità dal decadimento serve una riforma che la renda sostenibile in un modo diverso e giusto adeguandola a una nuova domanda sociale di salute, facendola costare di meno, ma senza rinunciare alle qualità delle tutele e senza negare mai i diritti delle persone.

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