La resa dei conti nel Pd è arrivata. Questa mattina all’hotel Parco dei Principi di Roma avrà luogo l’assemblea nazionale del Partito democratico con Matteo Renzi segretario uscente. Dallo scontro tra maggioranza e minoranza, si capirà se l’avventura politica nata nel 2007 sul solco dell’Ulivo è destinata a perdere un pezzo importante delle sue radici. Al momento la posizione di Renzi non è cambiata: il congresso si fa in primavera. Sembra inevitabile, di conseguenza, l’addio dei bersaniani. Più in forse quello dei governatori di Toscana e Puglia, Enrico Rossi e Michele Emiliano, che ieri, insieme a Roberto Speranza, hanno lanciato il loro ultimatum a Renzi dal Teatro Vittoria di Roma dove in prima fila spiccava Massimo D’Alema, vicino a Pier Luigi Bersani e a Guglielmo Epifani. Lui, D’Alema, oggi non ci sarà: la situazione per l’ex segretario Ds è “chiarissima” e il suo addio pare già consumato. Le condizioni poste dalla minoranza ortodossa per restare sono chiare: congresso in autunno preceduto da conferenza programmatica, sostegno alla legislatura Gentiloni fino al 2018, legge elettorale senza capilista bloccati. E, soprattutto, stop alla ricandidatura di Renzi alla segreteria del partito. “Ultimatum non ricevibile”, così il vicesegretario Lorenzo Guerini ha rispedito la richiesta al mittente.

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