“Il Pd e il governo si sono venduti alle lobby. Non ci ascoltano? E noi siamo pronti allo sciopero ad oltranza…“. E’ il grido di battaglia dei tassisti in presidio ieri davanti al Senato, quando è stato annunciato il via libera a Palazzo Madama al contestato decreto Milleproroghe. Culmine di una giornata rovente nella Capitale, così come nel resto d’Italia, a causa delle proteste che hanno mandato in tilt il traffico nel pieno centro di Roma, oltre a lasciare scoperto il servizio nei due aeroporti di Ciampino e Fiumicino. Il motivo? “Colpa” dell’emendamento a prima firma Linda Lanzillotta (senatrice Pd, ex Scelta Civica) che proroga di un anno l’emanazione del decreto ministeriale contro l’esercizio abusivo. E che, accusano gli stessi tassisti, favorirebbe il noleggio con conducente (Ncc) e i servizi di mobilità basati su piattaforme online come Uber. Ovvero, lo storico “nemico” dei taxi italiani. Tornati (ancora una volta) sulle barricate. E convinti che la nuova proroga, approvata con il Milleproroghe, rappresenti una “sanatoria” a favore di Ncc e “abusivi”, che “riduce le licenze a carta straccia”.

Non è certo la prima volta che i conducenti di taxi scendono in piazza. Una categoria da anni accusata di essere “allergica” a innovazioni e concorrenza. Ne è convinto anche il Codacons, l’associazione dei consumatori: “Una protesta assurda. Ha danneggiato gli utenti. Non si può più rimandare una modifica della norme, per aprire il mercato, nell’interesse degli italiani”. “Ci dispiace per i disservizi, ma non abbiamo fatto alcun blocco. Siamo in assemblea”, si sono invece difesi i lavoratori radunati di fronte al Senato. Si sono ritrovati in centinaia, comprese alcune sigle sindacali, tra slogan contro il governo e contro la politica, cartelli e fischietti: “Abusivi condonati da senatori strapagati“, recitava uno degli striscioni esposti. E ancora: “Ci chiamano eroi, ma abbiamo degli stipendi da fame”. Animi tesi, non c’era molta voglia di parlare con i cronisti. E non mancano le accuse contro la stampa: “Con voi non vogliamo parlare, siete schiavi del potere”.

“Questa è una protesta senza colore politico, nata spontaneamente”, rivendica invece Carlo Di Alessandro, già presidente provinciale romano di Federtaxi. Quasi a voler allontanare l’abbraccio della politica, di fronte a una categoria già in passato vicina (a dir poco) alla destra romana. E per “smarcarsi” dai corteggiamenti dei senatori di turno, scesi a loro volta in piazza per rivendicare sostegno verso le “ragioni” dei tassisti in rivolta. Un “coro” quasi unanime da parte delle opposizioni, dalla Lega Nord fino a Sinistra Italiana. “Il governo sta dalla parte degli abusivi. Chi ha una licenza e chi paga le tasse deve essere rispettato. Una cosa è liberalizzare, un’altra la deregolamentazione“, dice il senatore leghista Stefano Candiani. Stefano Fassina (Sinistra Italiana) si è accodato con una nota: “Solidarietà ai tassisti. Dopo l’attacco ai venditori ambulanti, vittime della direttiva Bolkestein, ne arriva un altro a una categoria del lavoro autonomo in grande sofferenza economica”. Tutti uniti, soprattutto nell’attacco contro il Pd: “Hanno votato quest’emendamento di nascosto, in commissione Affari Costituzionali, per favorire le multinazionali che da tempo operano sul territorio, aggirando le norme vigenti”, è convinto Di Alessandro. “La nostra una lotta corporativa? Una guerra tra lobby? Non è vero che abbiamo paura della concorrenza, ma questo non è libero mercato. Il car sharing è un servizio legittimo, non è un nostro competitor. Ma il problema è la concorrenza sleale. Oggi una corsa con Uber, con i taxi fermi, veniva a costare oltre 60 euro”, si è difeso ai microfoni de Ilfattoquotidiano.it.

Ma la linea dura, quella degli scioperi di piazza, non sembra essere sposata da tutta la categoria. “Noi non abbiamo aderito a questa protesta, prendiamo le distanze dai disordini. Il nostro obiettivo non è quello di bloccare l’Italia. Siamo convinti che il percorso più giusto fosse quello di sollecitare il tavolo con il governo, che attendiamo dal marzo scorso, per riordinare il settore”, si è difeso con il Fattoquotidiano Loreno Bittarelli, storico “padre padrone” dei tassisti romani, presidente della Cooperativa Radiotaxi 3570 (la più grande d’Europa, ndr) e dell’Unione Radiotaxi d’Italia. Già pidiellino e berlusconiano, in prima fila con Maurizio Gasparri durante le proteste del 2006 contro le liberalizzazioni del decreto Bersani, Bittarelli ha a sua volta rispedito le accuse: “Uber utilizza gli Ncc in modo improprio. Noi non siamo contrari all’innovazione, anzi. Ma preferiamo non fomentare la piazza. Certo il governo deve darci risposte”.

Un tavolo è stato organizzato per martedì prossimo, con tutte le sigle sindacali, come ha annunciato il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, “per vedere come ragionare per dare un quadro complessivo in cui discutere insieme”. Un annuncio che ha spinto i tassisti a sospendere la protesta in Senato. Lo stato di agitazione, però, resta. Anche perché, in attesa che il Milleproroghe torni alla Camera – deve essere convertito in legge entro il 28 febbraio, ndr – le trattative proseguiranno. Dentro il Pd a fare “mea culpa” è stato il senatore Stefano Esposito, cercando sponde tra i tassisti in rivolta: “Ai tassisti dico che hanno ragione a protestare, e che li capisco. Se è stato commesso un errore, quando il Milleproroghe arriverà alla Camera per il secondo passaggio, venga corretto. Quella dei tassisti una battaglia di corporazione? Liberalizzare è giusto, ma facciamolo con una norma dedicata, non con un blitz nel Milleproroghe”, ha spiegato al Fattoquotidiano, dopo le proteste di piazza. Agitazioni già finite sotto l’attenzione del Garante: “Violate le norme sullo sciopero”, ha avvertito i sindacati che hanno partecipato alla protesta. Ma un replay della rivolta di piazza, come minacciavano in piazza i tassisti, è tutt’altro che escluso.

Articolo Precedente

Ingv, in 24 ore si dimettono i vertici della rete sismica nazionale: “Insufficienze ed eccessivo sfruttamento”

next
Articolo Successivo

Sedicenne suicida durante perquisizione, il generale della Finanza Renzo Nisi: “Umanamente non rifarei il blitz”

next